Roma, 30 gen. (LaPresse) – Avrebbero orchestrato e partecipato ad una maxitruffa al fine di ottenere indebitamente dalla presidenza del consiglio dei ministri contributi per l’editoria. Per questo dodici persone sono state rinviate a giudizio. Tra queste anche Giuseppe Ciarrapico, editore e senatore Pdl, e il figlio Tullio. Il processo è stato disposto dal gup Nicola Di Grazia ed avrà inizio 28 giugno prossimo davanti al giudice monocratico. Il giudice ha inoltre dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione in relazione ai fatti avvenuti tra il 2002 e il 2003 (le contestazioni arrivano fino al gennaio 2010), nonché nei confronti della società Nuova Editoriale Oggi (reato prescritto) e della Editoriale Ciociaria Oggi srl (società fallita).
Secondo l’accusa, l’ex presidente della A.S. Roma, editore e senatore del Pdl, ha creato due cooperative editoriali per ricevere indebitamente contributi della presidenza del Consiglio dei ministri.
Avrebbe in questo modo messo in piedi una truffa aggravata da oltre 45 milioni di euro di danni dell’erario. È stata la guardia di finanza, nel luglio scorso, a scoprire il presunto mega raggiro nei confronti del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, autorità deputata al rilascio delle provvidenze per il settore. Secondo l’indagine, Ciarrapico avrebbe costituito due cooperative editoriali, di cui erano amministratori due prestanome ultra ottantenni, i quali avrebbero “presentato alla presidenza del consiglio dei ministri delle attestazioni palesemente false, chiedendo l’accesso ai contributi per l’editoria”. In sostanza l’editore e senatore del Pdl avrebbe fatto ricorso ai benefici della legge 250/90 con due società diverse mentre in realtà esse sono, di fatto, un’unica impresa. Tutto ciò ha consentito, eludendo le norme, “di incassare il doppio di quanto spettasse”.
Ciarrapico avrebbe anche agito insieme con propri congiunti sui conti correnti nei quali erano stati versati i contributi per l’editoria. Le fiamme gialle hanno documentato come l’editore, in qualità di proprietario delle due cooperative e unico referente di tutti i soggetti investiti di cariche sociali, abbia gestito concretamente l’operato delle società editrici. Secondo quanto accertato dalle indagini, l’editore ha scelto gli amministratori, teste di legno prive di qualsiasi potere decisionale, ha stabilito le modalità d’impiego delle risorse finanziarie e in un’occasione “é addirittura intervenuto personalmente presso alti livelli istituzionali per difendere i propri interessi economici connessi all’attività editoriale delle due società sopra citate”.
Già nel maggio 2010 Ciarrapico finì in un’inchiesta della guardia di Finanza, che gli sequestrò immobili, quote societarie e conti correnti con l’accusa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Due imprese editoriali controllate da lui tramite suo figlio e prestanome avrebbero percepito illecitamente circa 20 milioni di euro di contributi tra il 2002 e il 2007.