Porto Santo Stefano, 15 gen. (LaPresse) – Sei morti, 14 dispersi, 60 feriti e un’intera isola sconvolta da quanto accaduto venerdì sera, quando la nave da crociera Costa Concordia si è incagliata su uno scoglio e si è adagiata su un fianco. A 48 ore dalla tragedia che si è consumata davanti all’Isola del Giglio, sarà la procura della Repubblica di Grosseto a dover chiarire le cause dell’incidente. Anche se con il passare delle ore, il quadro che si sta delineando è sempre più drammatico. Il comandante della nave Francesco Schettino è stato arrestato nella serata di ieri con l’accusa di omicidio plurimo colposo, naufragio e abbandono della nave e ora si trova in carcere a Grosseto in attesa di essere interrogato dal giudice. Secondo il procuratore Francesco Verusio, Schettino non sarebbe stato l’ultimo a lasciare la nave, abbandonando di fatto gli oltre 4mila passeggeri a bordo della Concordia.
A fornire dati utili alla ricostruzione dell’incidente sarà la scatola nera della nave, recuperata dai sommozzatori. Da una prima analisi del suo contenuto è emerso, come ha confermato lo stesso procuratore di Grosseto, che coordina le indagini, che la nave viaggiava “a soli 150 metri dalla riva”. Troppo pochi per Verusio per garantire la sicurezza dei passeggeri e del mezzo. Circostanza che troverebbe riscontro anche attraverso le parole di alcuni testimoni. “Era troppo vicina, troppo vicina”, dice Italo Arienti, ex marinaio 54enne che ha lavorato per più di dieci anni per il servizio traghetti Maregiglio, che collega il continente all’isola. Sullo sfondo l’ipotesi che il comandante abbia voluto avvicinarsi così tanto all’isola per portare una sorta di saluto ai suoi abitanti.
Giallo anche sull’allarme lanciato dalla nave alla guardia costiera. Secondo quanto fa sapere il procuratore il primo segnale sarebbe partito alle 22.42, cioè un’ora dopo l’incidente. Fondamentale, quindi, capire la causa di questo ritardo. Sull’incidente ha aperto un’inchiesta anche il ministero dei Trasporti “per accertare le dinamiche, le cause, ed eventuali responsabilità dell’affondamento della nave Costa Concordia”. Intanto il Codacons ha annunciato che presenterà un esposto alla procura di Grosseto affinché “indaghi per il reato di strage, che in base al nostro codice penale è considerato reato di pericolo”. L’associazione, che ha già pubblicato sul sito www.codacons.it il modulo attraverso cui i passeggeri della nave possono aderire alla class action e chiedere il risarcimento dei danni subiti, annuncia infine l’intenzione di costituirsi parte civile nella vicenda, in rappresentanza della categoria degli utenti.