Carceri, 186 morti in cella nel 2011: 66 suicidi

Roma, 3 gen. (LaPresse) – Sono stati 186 i morti in carcere nel 2011, di cui 66 per suicidio, 96 per cause naturali, uno per omicidio e 23 per cause ancora da accertare e verso le quali sono in corso indagini giudiziarie. E’ quanto emerge dai dati raccolti dall’Osservatorio permanente sulle morti in carcere ed elaborate dal centro studi ‘Ristretti orizzonti’. La maggior parte dei detenuti che si sono tolti la vita è composta da uomini (64) italiani (45) con un’età media di 37,8 anni che hanno scelto l’impiccaggione in 44 casi.

Tra i metodi utilizzati per suicidarsi ci sono anche l’inalazione di gas da bombolette contenenti butano (12 casi), l’avvelenamento con droghe, faramci o detersivi (6 casi) e il soffocamento (4 casi). 46 suicidi sono avvenuti nelle sezioni comuni dei penitenziari, uno soltanto in cella ad alta sicurezza. Su 66 casi, 28 hanno riguardato condannati con sentenza definitiva, 27 persone in attesa del primo giudizio, 3 condannati in primo grado e 8 sottoposti alla misura di sicurezza detentiva.

A detenere il record di suicidi è Torino, che conta quattro morti volontarie su 1650 carcerati presenti. Seguono Padova e Genova Marassi con tre suicidi cascuno e Bologna, Cagliari, Castrovillari, Livorno, Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto, Perugia e Napoli Poggioreale con due episodi ciascuno. Dati che, secondo l’elaborazione fatta dall’Osservatorio, evidenziano come in tutti gli istituti nei quali si è registrato più di un suicidio nel 2011 il tasso di sovraffollamento risulta essere superiore alla media nazionale.

In particolare, viene segnalato negativamente il carcere di Castrovillari, in provincia di Cosenza, con due suicidi su 285 detenuti presenti e una media del 217% di affollamento, di molto superiore a quella nazionale (pari al 150% con 68mila detenuti a fronte di 45mila posti). In questo panorama gli ospedali psichiatrici giudiziari rappresentano un’eccezione, facendo rilevare un elevato numero di suicidi pur in presenza di tassi di occupazione dei posti disponibili inferiori al 100%. Fatto spiegabile, per l’Osservatorio, anche con la particolare tipologia della popolazione che vi è ristretta.