Ex Ilva, sindaco Taranto: “Draghi convochi subito il tavolo per la transizione ecologica”

“Nella città di Taranto il diritto alla salute è stato schiacciato dal profitto per troppo tempo: i giudici del Tar sono stati chiari e per noi la sentenza sull’ex Ilva è uno spartiacque fra ciò che era e non deve essere mai più e il presente, necessario per la costruzione del futuro. Vogliamo un siderurgico più piccolo, senza area a caldo, più sicuro e più lontano dalla città. Per questo chiediamo al nuovo governo Draghi la convocazione immediata di un tavolo con gli enti locali e le parti sociali per definire un accordo di programma nel quale affrontare e risolvere il tema della transizione ecologica per il polo siderurgico”. Sulla scrivania del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, c’è copia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con cui è stato assegnato il termine di 60 giorni per il completamento delle operazioni di spegnimento dell’area a caldo dell’ex Ilva. La sentenza dà ragione a Melucci che il 27 febbraio 2020 firmò l’ordinanza, contingibile e urgente, avente ad oggetto il “Rischio sanitario derivante dalla produzione dello stabilimento siderurgico ex Ilva-ArcelorMittal di Taranto” e le “emissioni in atmosfera dovute ad anomalie impiantistiche”. Ordinanza “di eliminazione del rischio, e in via conseguente, di sospensione delle attività”.

I giudici, infatti, hanno respinto il ricorso presentato da ArcelorMittal, i cui legali hanno già anticipato l’appello al Consiglio di Stato. “Ho letto le motivazioni e non credo che la sentenza possa essere ribaltata”, dice Melucci a LaPresse. “In ogni caso, adesso è necessario avviare il dialogo con il governo. Il Comune ha chiesto un incontro più volte dal 2017, anno in cui sono stato eletto sindaco, ma non c’è mai stata risposta”. L’ultima, stando alla documentazione archiviata a Palazzo di città, è stata indirizzata all’ex premier Conte. Oggi l’Amministrazione spera in una versione della rotta, in scia con quanto deciso dai giudici del Tar. “La sentenza è stata depositata nello stesso giorno in cui hanno giurato i ministri del nuovo governo Mario Draghi, il 13 febbraio, data che non può essere solo una coincidenza: io la considero un’opportunità, a maggior ragione tenuto conto del fatto che c’è un ministro per la transizione ecologica (Roberto Cingolani, ndr). Ed è esattamente di transizione ecologica che Taranto ha bisogno per voltare pagina nel pieno rispetto del diritto alla salute, senza dimenticare i risvolti occupazionali che non si limitano ai 9mila lavoratori ex Ilva, essendoci l’indotto”, dice Melucci.

“Per i giudici, documentazione alla mano, il pericolo per la salute e per la vita dei cittadini, nel caso della città di Taranto deve ritenersi immanente e permanente”, prosegue. “Questo significa che Taranto non può perdere altri mesi o, peggio, anni, perché si corre il concreto rischio che qualcuno continui ad ammalarsi o peggio, perda la vita. Bisogna fare in fretta e in fretta chiediamo il tavolo per l’accordo di programma che non interessa solo la città di Taranto, ma tutta l’area ionica con un impatto su mezzo milione di abitanti”.

Tre i punti che Melucci intende sottoporre a Draghi e ai suoi ministri: “In primo luogo, chiediamo la definizione di investimenti in tema ambientale per chiudere l’ormai nota area a caldo, e realizzare forni elettrici o a idrogeno in modo tale da mettere il punto, in via definitiva, all’epoca del carbone”, va avanti il sindaco. “In tal modo se è vero che avremo uno stabilimento più piccolo, è altrettanto vero che sarà più sicuro, con un abbattimento delle emissioni nella misura di almeno l’80 per cento”, sottolinea Melucci. “Infine, vogliamo riappropriarci degli spazi fisici che l’ex Ilva ha sottratto alla città: sappiamo quanto lo stabilimento sia vicino al rione Tamburi e cosa questa vicinanza abbia determinato”. “Mi auguro che il governo ci dia una risposta, altrimenti quel tavolo sarà organizzato dal basso: il Comune di Taranto lo convocherà assieme al governatore della Puglia, Michele Emiliano. Andare oltre non si può: siamo già fuori ogni tempo limite e la salute non può aspettare”.