La partita è ancora tutta da giocare. La decisione dell’esecutivo su come sarà il Natale nell’era del Coronavirus per gli italiani verrà presa oggi, dopo un altro giro di riunioni tra il premier Giuseppe Conte, le regioni, gli enti locali e i membri della maggioranza. Si dovrebbe arrivare al Consiglio dei ministri delle 18 con una proposta definita, frutto di una sintesi tra ‘rigoristi’ e ‘aperturisti’, non scontata. Il tutto sarà racchiuso in un decreto legge che, in sostanza, annullerà quello precedente, rendendo più stringenti i limiti per gli spostamenti durante le festività natalizie. Per ora la deroga a cui il presidente del Consiglio sta lavorando è quella dei due congiunti, non conviventi, in più seduti a tavola nei giorni di festa. Una concessione per rendere meno amare le giornate di quasi lockdown delle festività.
Restano comunque in campo due ipotesi, quelle che il ministro Francesco Boccia ha illustrato durante l’incontro informale di ieri con Regioni, Anci e Upi. Seguire la linea sponsorizzata dai più rigorosi ministri Speranza e Franceschini, e quindi di fare dell’intera penisola zona rossa dal 24 dicembre al 6 gennaio, oppure seguire le indicazioni più morbide proposte da Conte e Bonafede, limitando le restrizioni delle zone rosse nei giorni festivi e prefestivi (quindi 24,25 e 26 dicembre, 31 e 1 gennaio) e colorare invece di giallo il 28, 29 e 30 dicembre. In quest’ultimo caso bar, ristoranti e negozi resterebbero aperti e si potrebbe circolare all’interno della propria regione, mentre con l’indice di massima criticità le attività commerciali resterebbero chiuse e ci sarebbe anche il divieto di spostamento all’interno del comune, fatto salvo per urgenze, necessità e salute. Confermata la struttura del Dpcm del 3 dicembre scorso con il divieto si spostamento da regione a regione dal 21 dicembre al 6 gennaio.
“Natale è più rischioso di Ferragosto”, ha avvertito Boccia nel corso della riunione con gli enti locali, richiamando quindi alla necessaria “unità tra Stato-Regioni-Enti locali per le misure delle festività. La proposta di maggiori restrizioni è legata alla necessità di dare un ulteriore impulso al contenimento del contagio per poter alleggerire sempre più il peso sulle reti sanitarie”, ha aggiunto. Non è un mistero che il ministro dem sia per adottare la linea dura e non lo manda a dire: “Penso che sia più opportuno restringere il più possibile, ma il confronto è aperto. Se qualcuno ipotizza feste, cenoni e assembramenti sbaglia clamorosamente. Ovviamente stiamo andando verso nuove restrizioni”.
Una posizione che vede molti governatori, anche del centrodestra, concordi. Tanto che il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha annunciato la chiusura dei confini comunali a partire dalle 14 dal 19 dicembre al 6 gennaio. “Le attività produttive e commerciali non chiuderanno: chi ha la serranda non la abbasserà, ma dalle 14 si lavora solo con cittadini della propria città”, ha spiegato. Una sorta di “zona arancione di scala”, ha aggiunto il leghista, che non molla la presa sul tema dei ristori: “Si fa veloci a fare i fenomeni con i portafogli degli altri: i ristori sono un tema importante, aspettiamo il governo e vedremo come saranno le misure ma dovremo avere la certezza dei ristori”. Zaia insomma gioca d’anticipo perchè, ha ribadito recapitando a Palazzo Chigi un messaggio al vetriolo, “non ho ben capito cosa accadrà con il Governo. Siamo a giovedì e c’è ancora incertezza sulle misure nazionali. Noi non possiamo aspettare”. Incertezza contestata da parte di tutti i governatori del Carroccio e che Matteo Salvini fa sua: “Siamo molto preoccupati per il fatto che oggi, giovedì 17 dicembre, ancora non sappiamo cosa farà il governo, cosa accadrà a 60 milioni di italiani dal 24 dicembre. Comprendiamo fino in fondo le ansie e il disorientamento dei cittadini. Ribadiamo la necessità che ci sia l’indispensabile copertura finanziaria per garantire i risarcimenti totali a tutte le categorie che potranno essere colpite dalle misure di restringimento decise dal governo”.