Inchiesta ultras, chiesti 10 anni per Luca Lucci e 9 per Beretta

Inchiesta ultras, chiesti 10 anni per Luca Lucci e 9 per Beretta
Luca Lucci e Andrea Beretta, gli ultras sotto processo nell’inchiesta a Milano sulle curve di Inter e Milan

Chieste condanne per 16 appartenenti al tifo organizzato di Milan e Inter. Pm: “Curve come milizie private legittimate dai club”

Dieci anni di reclusione per il capo ultras del Milan, Luca Lucci, e il suo braccio destro Daniele Cataldo. È la richiesta di pena che il pubblico ministero di Milano, Paolo Storari, ha fatto alla gup di Milano, Rossana Mongiardo, pochi minuti fa nel processo con rito abbreviato alle curve di San Siro che si tiene a porte chiuse in aula bunker a San Vittore.

Per Lucci e Cataldo è stata chiesta anche la libertà vigilata per 4 anni. Storari, che con i colleghi Sara Ombra e Leonardo Lesti ha coordinato l’operazione ‘Doppia Curva’ di squadra mobile e guardia di finanza per associazione a delinquere (aggravata dall’agevolazione mafiosa della cosca di ‘ndrangheta dei Bellocco per la curva dell’Inter), lesioni, percosse, estorsioni, resistenza a pubblico ufficiale oltre al tentato omicidio di Enzo Anghinelli nel 2019 e l’omicidio di Antonio Bellocco il 4 settembre 2024 a Cernusco sul Naviglio, ha esaurito da poco le richieste di condanna per il filone riguardante i rossoneri. 

Sono state chieste condanne a 4 anni e 6 mesi per Fabiano Capuzzo e Alessandro Sticco, 3 anni e 4 mesi per Islam Hagag e Luciano Romano, tutti membri del direttivo della curva sud ritenuta dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano un’associazione a delinquere. Per tutti sono state chieste pene accessorie e libertà vigilata dopo aver scontato la condanna.

Altri tre membri del tifo organizzato rossonero – il fratello di Lucci, Francesco Lucci, l’ex bodyguard di Fedez, Christian Rosiello e l’ultrà Riccardo Bonissi – sono a processo in un filone separato nato come dibattimento ordinario e poi trasformato in abbreviato dopo la modifica del capo d’imputazione. Martedì la pubblica accusa ha chiesto per loro pene fra i 6 anni e 10 mesi e i 4 anni e mezzo. 

Chiesti 9 anni per Andrea Beretta, ex capo ultras Inter

Il pubblico ministero Paolo Storari ha successivamente chiesto di condannare a 9 anni di reclusione Andrea Beretta, ex capo ultras dell’Inter, arrestato e in carcere per l’omicidio di Antonio Bellocco del 4 settembre 2024. Otto anni di condanna la richiesta per Marco Ferdico, l’uomo dei social della curva arrestato il 30 settembre nell’operazione ‘Doppia Curva’. 

Per Beretta, 49 anni, la Procura ha chiesto anche pene accessorie e per Ferdico 3 anni di libertà vigilata. Nei confronti degli altri ultras nerazzurri, imputati di associazione a delinquere aggravata dall’agevolazione mafiosa della cosca Bellocco, sono stati richiesti:

  • 7 anni e 4 mesi per Francesco Intagliata.
  • 7 anni più 4 anni di libertà vigilata per Giuseppe Caminiti, vertice della curva Nord in carcere anche per l’omicidio del trafficante di droga Fausto Borgioli nel 1992 e di Vittorio Boiocchi, il capo curva ucciso nel 2022 su mandato di Beretta.
  • 7 anni per Cristian Ferrario e Mauro Nepi.
  • Sei anni e 8 mesi per Gianfranco Ferdico e Matteo Norrito con 3 anni di libertà vigilata al primo.
  • Cinque anni e 3 di libertà vigilata per Renato Bosetti e Debora Turiello, la cassiera e il ‘contabile’ della curva Nord.

Pm: “Curve milizie private legittimate dai club”

Le curve di Milan e Inter si sono comportate come una “sorta di ‘milizia privata’” con “un capo”, una “struttura gerarchica” e un “territorio”, e in “rapporti”, “conflittuali o meno”, con altre tifoserie organizzate, con “la società calcistica” e “le strutture statali deputate alla repressione dei reati”. Una serie di “rapporti” con le “istituzioni” che ha “generato, negli imputati, una sorta di legittimazione”, ha scritto il pubblico ministero di Milano, Paolo Storari, nella memoria depositata alla gup Rossana Mongiardo con cui ha chiesto le 16 condanne per gli ultras di Milan e Inter.

Per il pm il “territorio” controllato dagli ultras milanesi era lo “stadio San Siro”, ritenuto una “zona franca” dove gli altri “attori che operano” al “Meazza” non “dovrebbero entrare”, scrive citando il “significativo” esempio degli “stewards” che “non vanno mai in curva”. La “milizia”, nata in seno al tifo organizzato di Milan e Inter, aveva il potere di sanzionare “i propri sottoposti” con “espulsioni e sospensioni dal direttivo”, ed elargire “premi e privilegi”. Le curve, a processo per associazione a delinquere, avevano un “patrimonio” grazie ai “ricavi da vendita biglietti, fanzine, merchandising” gestito dai rispettivi capi. La “legittimazione” derivante dai “rapporti istituzionali” avrebbe dovuto “garantire”, secondo i vertici ultras, “impunità” e “l’esigenza di essere rispettati e riconosciuti” anche dalle “forze di polizia”.

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