A tre giorni dalla puntata di Report dedicata al rapporto tra club e ultrà e le relative infiltrazioni malavitose, arriva l'attesa replica del presidente bianconero
L'eco che ha portato con sé la trasmissione Report, incentrata sul rapporto tra club e ultrà e le relative infiltrazioni malavitose, non si è ancora attenuato, tra parole e servizi, ricostruzioni e intercettazioni. Si è fatta attendere tre giorni, ma alla fine anche l'attesa replica della Juve è arrivata. Per bocca del suo presidente, Andrea Agnelli, intervenuto per fare chiarezza sulla vicenda e difendere la società. L'assemblea degli azionisti è diventata così lo scenario ideale per mettere a fuoco la questione e passare al contrattacco. "La Juventus è stata sanzionata dalla giustizia sportiva per due motivi, per aver venduto biglietti superiori al limite consentito rispetto alla legge Pisanu e per aver favorito l'ingresso di materiale non autorizzato", ha esordito nel suo intervento il presidente bianconero che sottolinea come oggi il club "rispetta alla lettera la procedura della vendita di biglietti e non può essere consentito che si insinui ancora il fatto che la nostra società sia associata al bagarinaggio".
Via il primo sassolino dalla scarpa, Agnelli si toglie un altro macigno. L'inchiesta di Report infatti ha posto nuove ombre sul ruolo di Alessandro D'Angelo, security manager della Juve, che avrebbe favorito l'introduzione di striscioni inneggianti la tragedia di Superga nel derby del 2014. "Non ha fatto entrare striscioni canaglia, come li definisco io – la replica di Agnelli – Lo prova la sentenza della Corte d'appello federale. I responsabili sono stati individuati e consegnati alla giustizia anche grazie agli strumenti messi a disposizione dalla Juventus e sono rei confessi. Ogni altra affermazione è falsa e infondata e chi si espone in tal senso dovrebbe tener conto dei fatti, delle prove e delle sentenze".
Il servizio andato in onda su Rai 3 come conseguenza ha anche riacceso il fuoco della rivalità cittadina. I tifosi granata sono arrivati a chiedere al loro presidente Urbano Cairo di impedire l'accesso ad Agnelli e D'Angelo in occasione del prossimo derby allo stadio Olimpico Grande Torino. In questo caso però il numero uno della Juve indossa i panni del pompiere e non calca la mano. "Ho cercato Cairo questa mattina e non poteva, lui mi ha scritto durante l'assemblea. Ci sentiremo senz'altro in giornata, ma credo che sarà felice anche lui di avere da parte mia una ricostruzione corretta dei fatti, ci siamo scusati immediatamente in occasione dell'esposizione di quegli striscioni – ha ricordato – Sono assolutamente sereno". Poi, l'ultima stoccata a Report. "Oggi si tenta ancora di dare spettacolo dicendo che gli striscioni 'canaglia' sono stati introdotti tramite noi. C'è un'intercettazione già agli atti che si prova a spacciare per inedita – ha evidenziato – E un'indagine dell'Antimafia che dimostra come le accuse a nostro carico siano inesistenti. La Juve rispetta le sentenze, infatti nel 2006 abbiamo giocato in Serie B". Quanto al contestato numero degli scudetti, Agnelli è piuttosto chiaro. "Nel nostro stadio, nel mio salotto, espongo le foto che più mi piacciono". Il caso, forse, è chiuso. Almeno fino alla prossima puntata.
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