I liguri battono 3-1 i bianconeri, si infortunano Bonucci e Dani Alves
Tre schiaffi e a casa, in un pomeriggio da incubo, il peggiore della gestione di Massimiliano Allegri. Il Genoa ha impiegato 29 minuti per mettere insieme un risultato clamoroso e scassare una Juventus impresentabile, 'figlia' di scelte sbagliate e di atteggiamenti fasulli. Non è stata una sconfitta, quella di Marassi, ma uno schianto rumorosissimo. E' vero che la formazione di Juric ha costruito un primo tempo sontuoso ma è altrettanto innegabile che i campioni d'Italia non siano praticamente scesi in campo, chiusi a doppia mandata nello spogliatoio di Siviglia.
Con buona pace di Allegri, questa volta non è in discussione se la Juventus abbia giocato bene o male – perché ha giocato malissimo – ma quanto sia casuale la terza sconfitta in campionato e quanto invece sia determinata da un periodo di negatività. A Marassi, tra l'altro, si sono infortunati Bonucci e Dani Alves, tanto che i bianconeri hanno concluso la partita in dieci. E all'orizzonte non si intravvedono guarigioni più o meno illustri.
Il fatto che dopo tre minuti la Juventus fosse già sotto di un gol ha spostato non solo gli equilibri del match ma i rapporti di forza a livello psicologico. Non a caso, dopo il ping-pong che ha portato Simeone a battere Buffon (grave l'errore di Bonucci che ha spianato la strada alla conclusione di Rigoni da cui è scaturito il vantaggio), il Genoa ha continuato a dominare fino a mettere insieme il raddoppio (ancora con il Cholito, in capo a un ricamo perfetto di Lazovic e al posizionamento sballato dell'intera retroguardia) e la terza rete con Rigoni, aiutato da un tocco disperato di Alex Sandro. Tre cazzotti in meno di mezz'ora sono una notizia nella notizia per una super-squadra, quella dei campioni d'Italia, che è parsa assolutamente sconnessa.
Il Genoa, al contrario, è stato perfetto, nel senso che ha usato il cinismo e l'agressività per equilibrare il gap tecnico, anche se nessun bianconero ha saputo elevarsi al di sopra della media. Alcune prestazioni, poi, sono state imbarazzanti: Dani Ales è sembrato un glorioso ex e non è la prima volta che accade; Hernanes non l'ha mai strusciata, in compagnia di Khedira; Pjanic ormai può essere considerato un caso aperto; la coppia Cuadrado-Madzukic si è ben presto rivelata una non-coppia. La sensazione che la Juventus sia rimasta ai fasti della qualificazione in Champions League ha preso il sopravvento minuto dopo minuto: Perin, infatti, non ha dovuto compiere una parata nel primo tempo, spettatore pagato e non pagante.
Come era prevedibile, nella ripresa il Genoa si è ritirato nella propria metà campo, con l'intenzione di intasare gli spazi, affidarsi al contropiede e speculare sull'incredibile vantaggio. Così la Juventus ha potuto affacciarsi nell'area genoana, sfiorare il gol con Pjanic e Khedira, infilare Higuain al posto di Lichtsteiner in maniera da aumentare il coefficiente offensivo, lottare come non era capitato prima. Ma, per l'appunto, è stata solo lotta, quella dei campioni d'Italia, quasi mai un'idea di gioco ha supportato la fase d'attacco. Ma, forse, non è una novità. Il gol di Pjanic è scaturito dalla solita punizione telecomandata, una perla nel fango. E, comunque, troppo tardi per immaginare una rimonta.
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