Il tecnico toscano stuzzicato sul binomio vittoria-spettacolo: "Questi discorsi mi annoiano. Se si vince, è perché si è giocato bene"
"Se dall'estero pensassero che il nostro calcio è arretrato, non credo che chiamerebbero a lavorare tanti nostri tecnici…". Renzo Ulivieri, numero uno dell'Assoallenatori, esalta la scuola 'made in Italy', in un momento dove l'export delle panchine vira al netto rialzo (leggi qui l'intervista esclusiva di LaPresse ad Arrigo Sacchi). Il mister di San Miniato si gode la ventata di aria fresca portata dal 'nuovo corso' di chi cerca, oltre al risultato, il bel gioco. E tiene a sottolineare che il calcio italiano spesso bistrattato per la sua povertà di idee è, invece, da tempo avviato sulla strada della rifioritura. "Sono convinto che da quando abbiamo cominciato a trasferirci all'estero e i nostri tecnici si sono mischiati agli allenatori stranieri arrivati in Italia, si è creato un 'meticciato' che ci ha fatto crescere", spiega a LaPresse. "Ed è la strada giusta: una sorta di confronto che ci porta ad evolverci. Il nostro calcio è in perenne cambiamento".
Ulivieri, esiste davvero un 'rinascimento' in panchina? Sacchi ha indicato come artefici Di Francesco, Spalletti, Sarri, Paulo Sousa, Giampaolo…
Certo, ma era inevitabile. Il calcio si evolve, non è più quello di 20 anni fa. E il 'nuovo corso' attraversa tutti, dalla Serie A ai Dilettanti. Nei campi minori assisto a partite dove entrambe le squadre giocano a calcio e si affrontano a viso aperto. Anche nelle divisioni inferiori i tecnici si rifanno a spunti e idee dei colleghi più quotati.
Il prossimo sbarco di Conte in Premier arricchirà ulteriormente la colonia italiana all'estero. Ma per vincere in Europa è davvero necessario emigrare?
E' una questione che va oltre il calcio. E' la nostra nazione che è povera. E quando sei povero, devi produrre cervelli e li esporti. Questo accade in tutti i campi.
La mentalità del 'primo: non prenderle' è superata?
Superatissima, ormai. E l'esempio arriva delle cosidette 'piccole'. Anni fa, quando una di loro si recava in trasferta negli stadi delle big, scendeva in campo e sperava che andasse tutto bene. Oggi, invece, tutte vogliono giocarsela.
Da anni le italiane stentano e restano a digiuno in Europa. Poco coraggio, ci si accontenta di vincere in patria?
Contro il Bayern Monaco la Juve ha dimostrato organizzazione, è riuscita a raddrizzare la partita e poteva pure vincerla nel finale. Questo denota mentalità europea. Della Roma si può dire tutto, ma contro il Real Madrid meritava di passare il turno. Al Bernabeu i giallorossi hanno avuto le loro occasioni, se la sono giocata alla pari. I Blancos però hanno calciatori di livello superiori.
Sacchi ha punzecchiato Allegri: non deve accontentarsi della 'semplice' vittoria, deve convincere e divertire.
Max è arrivato alla Juve e ha raccolto un'eredità pesantissima. Arrivare dopo tre scudetti è dura, lui invece ha fatto grandi cose. Ha cambiato qualcosa nel modo di giocare della squadra, è riuscito a superare le partenze di gente come Llorente, Tevez, Vidal, Pirlo. Questa Juve è una squadra più europea. E lo si era già visto nella scorsa stagione.
Intanto un italiano, Ranieri, sta dominando la Premier League.
Claudio è un uomo e un allenatore saggio, piaccia o non piaccia. Riesce a dare equilibrio alle sue squadre. E' un allenatore che sa di calcio.
Sempre Sacchi ha consigliato a Conte di spogliarsi di una certa 'italianità'.
Non so cosa si intenda per 'italianità'. Cosa significa? Antonio ha vinto tre scudetti con il gioco, ha portato cose nuove nel nostro campionato…
Ma in definitiva: per vincere bisogna anche divertire?
Questi discorsi mi annoiano. Se si vince, è perché si è giocato bene.
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