Senza un taglio immediato ai gas serra le conseguenze del cambiamento climatico per il pianeta saranno irreversibili. A meno che non ci siano riduzioni rapide e su larga scala, limitare il riscaldamento a circa 1,5°C o addirittura 2°C sarà impossibile. Non solo. Se non si agirà tempestivamente le ondate di calore in tutto il pianeta metteranno a rischio la salute e l’agricoltura. La responsabilità maggiore di tutto questo? Dell’uomo. È l’allarme lanciato dal rapporto del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) delle Nazioni Unite.
“È inequivocabile – emerge dal rapporto – che l’influenza umana ha riscaldato l’atmosfera, l’oceano e le terre emerse. Si sono verificati cambiamenti diffusi e rapidi nell’atmosfera, nell’oceano, nella criosfera e nella biosfera. Gli aumenti osservati nelle concentrazioni di gas serra (GHG) dal 1750 circa sono inequivocabilmente causati da attività umane. Dal 2011 le concentrazioni in atmosfera hanno continuato ad aumentare, raggiungendo nel 2019 medie annuali di 410 ppm per l’anidride carbonica (CO2), 1.866 ppb per il metano (CH4), e 332 ppb per il protossido di azoto (N2O)”.
Nel 2019 le concentrazioni atmosferiche di CO2 erano le più alte degli ultimi 2 milioni di anni, e le concentrazioni di CH4 e N2O erano le più alte degli ultimi 800.000 anni. Dal 1750, gli aumenti delle concentrazioni di CO2 (47%) e CH4 (156%) superano di gran lunga i cambiamenti naturali plurimillenari tra periodi glaciali e interglaciali degli ultimi 800.000 anni. La temperatura superficiale globale è aumentata più velocemente a partire dal 1970 che in qualsiasi altro periodo di 50 anni degli ultimi 2000 anni. Durante il decennio 2011-2020 le temperature hanno superano quelle del più recente periodo caldo multi-centenario, circa 6500 anni fa.
La temperatura non è l’unico elemento in gioco. Il mutamento climatico sta portando molti cambiamenti in diverse regioni del pianeta, e tutti aumenteranno con un ulteriore riscaldamento. Questi includono variazioni nei valori dell’umidità, nei venti, nella neve e nel ghiaccio, nelle aree costiere e negli oceani.
In particolare, i cambiamenti climatici stanno intensificando il ciclo dell’acqua. Questo porta, in alcune regioni, piogge più intense e inondazioni. In molte altre, a siccità più intense. Inoltre le variazioni del clima stanno influenzando gli andamenti delle precipitazioni: alle alte latitudini è probabile che le precipitazioni aumentino, mentre ci si attende che diminuiscano in gran parte delle regioni subtropicali. Sono attesi anche cambiamenti nelle precipitazioni monsoniche, con variazioni nelle diverse aree.
Atteso anche un continuo aumento del livello del mare che contribuirebbe a inondazioni costiere più frequenti. Eventi estremi riferiti al livello del mare che prima si verificavano una volta ogni 100 anni, entro la fine di questo secolo potrebbero verificarsi ogni anno.
Per le città, alcuni aspetti dei cambiamenti climatici possono risultare amplificati. Tra questi, le ondate di calore (le aree urbane sono di solito più calde dei loro dintorni), le inondazioni dovute a forti precipitazioni e l’aumento del livello del mare nelle città costiere. Questi cambiamenti influenzano sia gli ecosistemi marini che le persone che dipendono da essi, e continueranno almeno per il resto di questo secolo.
“Il nuovo rapporto non contiene vere sorprese. Conferma ciò che già sappiamo da migliaia di studi e rapporti precedenti: che siamo in una situazione di emergenza. È un solido (ma cauto) riassunto dei migliori studi scientifici attualmente disponibili”. Lo ha dichiarato l’attivista climatica svedese Greta Thunberg sui suoi profili social commentando il rapporto dell’IPCC pubblicato oggi.
Secondo la giovane attivista, il rapporto “non ci dice cosa fare. Sta a noi essere coraggiosi e prendere decisioni basate sulle prove scientifiche fornite in questi rapporti. Possiamo ancora evitare le conseguenze peggiori, ma non se continuiamo come oggi, e non senza trattare la crisi come una crisi”, ha aggiunto.