“Se è un sogno non svegliatemi”. Lucilla Boari è incredula. La medaglia di bronzo, totalmente inaspettata, nell’arco individuale ai Giochi Olimpici di Tokyo è qualcosa di più di un’impresa. Mai un’arciera era riuscita a salire sul podio all’Olimpiade. Cinque anni fa a Rio la lombarda aveva 19 anni e le sembrava di essere “in un parco giochi”. Arrivò un quarto posto a squadre con tanto di polemiche per un titolo di giornale (il trio delle cicciottelle che sfiora il miracolo) decisamente inopportuno. Boari comunque non porta rancore: “Ora aspetto un nuovo titolo di giornale”, dichiara sorridendo. “Non è stato un bell’aggettivo. Ci è stato detto che non voleva essere dispregiativo ma è passato l’esatto opposto”, argomenta.
Ora al collo c’è una medaglia pesantissima. “La dedico all’Italia – dice ancora – Ho dato il massimo. Per essere qui a cinque anni di distanza ci vuole la testa. Per le donne del nostro movimento questa medaglia conta tantissimo. Ma questo deve essere solo l’inizio. Siamo un gruppo bello e solido”. Nel suo percorso di gara anche la vittoria in rimonta nel derby con la compagna Chiara Rebagliati e un successo agli ottavi allo shoot-off sulla bielorussa Marusava. Poi l’affermazione convincente sulla cinese Wu nei quarti e lo scivolone in semifinale contro la russa Osipova. Una stop che non l’ha scoraggiata. Nella finalina per il bronzo la mantovana è stata perfetta e per l’americana Mackenzie Brown non c’è stato nulla da fare. “Man mano che si avvicinava la finale il livello si è alzato sempre di più. Il bello del tiro con l’arco è proprio questo: freccia dopo freccia, dopo che un avversario ha fatto 10, è affascinante rispondere con un altro 10”, dichiara. Superata anche una notte insonne perché “anche se ero soddisfatta di quello che avevo fatto fino a ieri”, il pensiero di una medaglia comunque “c’era”. Un bronzo che “vale oro”.