Roma, 2 dic. (LaPresse) – Il presidente della Fidal, Alfio Giomi, dopo il deferimento di 26 atleti azzurri dell’atletica leggera da parte della procura antidoping del Coni, pur ribadendo “la totale fiducia nell’operato della procura ed auspicando una rapida conclusione dell’iter giudiziario” esprime il proprio punto di vista in una dettagliato comunicato stampa. In primis Giomi ricorda che: “il Consiglio federale attualmente in carica ha stabilito il 28 febbraio dello scorso anno che gli atleti, al secondo mancato controllo e/o mancata comunicazione, perdano ogni forma di assistenza da parte della Federazione; ed inoltre, che lo stesso Consiglio ha varato il 20 dicembre 2013 il ‘Codice etico dell’atletica italiana’, che prevede, tra le altre cose, l’automatica esclusione dalle squadre nazionali per gli atleti condannati a pene superiori ai due anni di squalifica per fatti di doping”.
Riguardo al fatto specifico però il numero uno dell’Atletica Leggera italiana definisce “incredibile” dare una risposta a tutto ciò che, a suo dire, è: “la somma di negligenze, superficialità, incompetenza, inadeguatezza, e chi più ne ha più ne metta. “Proprio però per fare chiarezza va sottolineato che non si tratta di missed test (mancato controllo) ma di filling failure (mancata comunicazione). Ai fini delle Norme Sportive Antidoping approvate dal Coni hanno lo stesso peso ma sono infrazioni diverse”, spiega ancora.
Secondo Giomi infatti è “incredibile come non sia stata comminata alcuna sanzione in occasione delle prime infrazioni, cosa che, probabilmente, avrebbe fatto capire a tutti quanto grave fosse l’inadempienza”. Il numero uno dell’atletica italiana parla di una vicenda che: “vicenda riguarda tutto (o quasi) lo Sport Italiano e non solo l’atletica. (Il numero degli atleti che erano inadempienti è di ben oltre i 100). Questo non sposta di una virgola la nostra responsabilità, ma serve ad inquadrare il problema nella giusta dimensione”. Per Giomi: “scaricare solo sugli atleti la responsabilità di quanto è accaduto è troppo semplice. L’atleta è il punto di partenza e di arrivo di tutto il movimento sportivo, ma in mezzo ci sono tecnici, società, federazioni, Coni. Assumiamoci tutti la nostra responsabilità”. Infine Giomi fa una specifica sui motivi del deferimento: “nel caso di mancata comunicazione non si parla di atleti dopati nè possiamo accostare automaticamente a tale problema l’idea di atleti che in odore di doping si siano sottratti ai controlli”. “Superficialità e negligenza sono pessimi compagni di strada, ma il doping è un’altra cosa”, conclude.