Di Attilio Celeghini. Torino, 7 nov. (LaPresse) – “Riva era sopra a tutti di una spanna, aveva una potenza incredibile. Una forza della natura”. A parlare è Angelo Domenghini, uno dei protagonisti dello storico scudetto del Cagliari 1969-70 insieme al mitico ‘Rombo di Tuono’ che proprio oggi spegne 70 candeline. “A Gigi faccio tanti auguri, di cuore”, dice a LaPresse ‘Domingo’, che arrivò in rossoblù nell’ambito dello scambio che portò Boninsegna all’Inter e con Riva e Gori formò il temibile tridente d’attacco dell’undici di Scopigno. “Il gioco di quella squadra – ricorda – era finalizzato nel mettere in condizioni Riva di segnare. Era il nostro punto di riferimento. La nostra forza? L’equilibrio, in tutti i reparti: difesa, centrocampo e attacco. Una squadra ‘antica’ e moderna allo stesso tempo. Certo, quel Cagliari poteva contatre su un reparto offensivo davvero esplosivo, a partire da Riva che vinse per due anni consecutivi il titolo di capocannoniere”.
Grande compattezza in campo, ma anche fuori: “Era un gruppo fantastico, si andava spesso a cena insieme”, ricorda. “L’atmosfera era serena. Quando si vince è tutto più facile, ma non si viveva con l’ossessione del risultato che incombe nelle squadre di oggi. Non esisteva la pressione dei media, degli sponsor, del tifo spietato”. Il Riva rievocato da Domenghini conferma la figura raccontata da chi lo conosce bene, segnata da silenzi e pensieri solitari: “Gigi il suo gruppo di amici lo aveva fuori dalla squadra, non veniva spesso alle nostre cene anche se lo invitavamo sempre. Era fatto in quel modo”. Tra gli attaccanti, c’erano sentimenti di invidia per chi segnava? “Un po’ sì, è normale. Ma in quel periodo era tutto bello. E io e Gigi avevamo un rapporto splendido. Se ci vediamo ancora? Sì, anche se, purtroppo, ultimamente in occasioni tristi. Io ho una casa in Sardegna e con gli ex compagni di quel Cagliari, comunque, organizziamo ancora qualche cena”.
Chi sono i Domenghini e Riva di oggi? “Impossibile dirlo, con così pochi giocatori italiani in campo”, evidenzia. “Gli effetti sulla Nazionale si vedono e si vedranno finché non si tornerà al limite dei tre giocatori stranieri. E poi il calcio di oggi è molto diverso da quello di ieri: tattica aggressiva, difesa, ripartenze. Bisogna tornare ad un calcio più offensivo, come si vede in Spagna e in Inghilterra, dove le partite sono piene di gol. Senza contare che oggi ci sono 26 allenatori per 20 giocatori. 40 anni fa bastava un allenatore e il suo vice. Non avevamo nemmeno i preparatori atletici”. Il nome di Domenghini e Riva è ovviamente anche legato a pagine storiche della Nazionale, tra cui la mitica Italia-Germania 4-3 ai Mondiali di Messico 1970. “Tutti ricordano solo quella partita, che per 90 minuti fu normale. Anzi, diciamo pure scadente – ha ammesso – E’ diventata spettacolare solo nei supplementari. Si scorda invece che abbiamo perso la finale e che a Roma i tifosi ci aspettavano con i bastoni. Ci tenevamo a vincerla ma quel Brasile era oggettivamente più forte di noi”.