Roma, Pallotta: Il calcio italiano deve cambiare. Serve gente nuova in Lega

Torino, 18 nov. (LaPresse) – “Il calcio italiano all’estero si svende, non è possibile continuare così, troppo sottopagato, cinque volte meno di quello inglese. Alla Lega serve una nuova imprenditorialità, bisogna evolversi, è stato perso troppo tempo”. Lo ha detto James Pallotta, presidente della Roma, in una lunga intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica dalla sua casa di Boston. Si parla di Galliani futuro presidente di Lega, il patron giallorosso boccia la proposta: “Ho detto gente nuova, un management diverso, più trasparente. Gli altri campionati, tranne quello inglese, hanno due-tre squadre di vertice, l’Italia almeno il doppio. Andrea Agnelli con cui mi sento ha buone idee. Tante cose devono cambiare: andare alla stadio è una battaglia, perché le famiglie non devono avere diritto a uno spettacolo intenso, ma tranquillo”. Sull’ingresso di Erick Thohir alla presidenza dell’Inter, Pallotta dichiara: “Quando tre anni fa abbiamo pensato di investire in un club, l’unica opportunità era la Roma. Nel senso che la città aveva un nome e un’immagine conosciuti in tutto il mondo. Quello che si dice un global brand, molto attraente. Le altre società o erano nelle mani di una famiglia come Juve, Inter, Napoli, Fiorentina, o mancavano di internazionalità. Se adesso arriva Thohir non bisogna mica gridare all’esproprio”.

Il presidente della Juventus Andrea Agnelli sostiene che il campionato italiano non ha più forza economica. “Il fatto che arrivino capitali dall’estero, come in Inghilterra, non è un difetto, una debolezza del sistema, ma un’opportunità da sfruttare. Attrarre investimenti non è mai sbagliato. Poi sì – ammette Pallotta – il calcio italiano non paga più come una volta e ha perso competitività rispetto ad altri paesi. Si è seduto, si è accontentato, si è guardato troppo allo specchio, più local che global. E un po’ alla volta è morto. L’Italia è stata in cima per molto tempo, ma invece di rinnovarsi, studiare, investire, si è rilassata. Manca la voglia di fare sistema, vincono le particolarità, in fondo noi come paese siamo stati uniti molto prima di voi. Guardate cosa ha fatto la Gran Bretagna per combattere e vincere la battaglia contro la violenza e la Germania che in cinque anni ha saputo rivoluzionare stadi, sistema, calcio. Hanno lavorato, cambiato, creduto nel rinnovamento”. Pallotta comunque non teme di aver investito nel paese sbagliato. “Guardo e constato. Quando vengo a Roma nei giorni della partita vedo lunghe file ai botteghini e mi scandalizzo – dichiara – la gente ci vuole comprare e noi la ostacoliamo? Bisogna essere sadici, invece di rendere l’acquisto del biglietto più semplice, più veloce, c’è il calvario. Perché l’accesso deve essere così complicato?”.

Un calcio italiano che fa ancora guadagnare, viste le operazioni di mercato della Roma in estate: “Abbiamo preso Strootman, capitano della nazionale olandese a 23 anni, Gervinho, che è stato allenato da Garcia a Lilles, 28 gol in due stagioni, Ljajic è un talento. Credo che sport e business possano andare insieme. Non è irrazionale provarci. Una società può essere gestita con serietà, disciplina e conoscenza del mercato”. Il presidente Pallotta racconta poi il suo modo di seguire la squadra, anche a distanza: “Vedo la partita in tv con la maglia della Roma addosso insieme agli amici. Ho un difetto: mi arrabbio. Ho giocato a basket e non mi piace perdere: si possono avere i conti a posto, ma se non vinci, non costruisci una leggenda”. Per quanto riguarda la future strategie societarie: “Abbiamo seri investitori pronti ad entrare, per Natale la Roma avrà lo sponsor sulla maglia e per quando io avrò 60 anni ci sarà lo stadio nuovo. Allo stato non chiediamo nulla: abbiamo la terra e i partner. Roma ne ha bisogno”. Pallotta parla poi del tecnico Rudi Garcia, fautore di questo grande inizio di stagione: “Lo avevamo in testa sin dall’inizio, solo che non era il primo della lista. Da sempre ho voluto un allenatore straniero che si potesse confrontare più con il mondo che con l’Italia. Volevo qualcuno fresco, culturalmente non troppo coinvolto in un vecchio sistema. Rudi mi ha convinto”. Infine il patron giallorosso parla dell’Italia, del suo momento generale e rivela: “Ero a Firenze il giorno dell’attentato in via dei Georgofili nel ’93, avevo appena visitato gli Uffizi ed ero partito per Parigi. Dove ho visto in tv quella grande manifestazione pubblica contro la mafia, segno che la città non si faceva schiacciare. Si cambia così, tutti insieme”.