Nba, scattato il lockout: parti lontane, ma si tratta

New York (Stati Uniti), 1 lug. (LaPresse/AP) – Alla fine è successo: la Nba è in lockout, seconda serrata dello sport professionistico americano dopo quello dichiarato a marzo dalla Nfl. La decisione era nell’aria da tempo ed è stata presa allo scattare sulla costa est degli Usa della mezzanotte tra ieri e oggi (le 6.00 in Italia), in concomitanza con la scadenza del contratto collettivo tra giocatori e proprietari delle squadre. Il lockout durerà finché le parti non saranno in grado di mettere a punto un nuovo contratto collettivo. “Abbiamo avuto una fantastica stagione in termini di apprezzamento del nostro sport da parte dei fan. Ma non è stato un anno proficuo per i proprietari, così come non lo è stato per le squadre di secondo piano”, ha dichiarato il commissioner della Nba, David Stern. “L’obiettivo qui – ha aggiunto – è stato quello di avere una lega che fa soldi e in cui tutte e 30 le squadre possono competere a pari livello”. In questo momento tutti le attività della Nba sono ferme, dalla free-agency che doveva iniziare oggi, alla Summer League di Las Vegas, che era già stata cancellata.

L’Nba Europe tour, la serie di amichevoli che si svolge in Europa prima dell’inizio della stagione, non era stato nemmeno programmato. Si presentano dei problemi per i giocatori che potrebbero essere chiamati dall’Usa Basketball, la nazionale americana, poiché potrebbero trovarsi a dovere decidere se partecipare alle qualificazioni olimpiche per Londra 2012 senza l’assicurazione medica fornita dalla Nba. In virtù del lockout le squadre non possono avere alcun contatto con i loro giocatori, molti dei quali non verranno pagati finché non verrà trovato un nuovo accordo, ma insistono che terranno duro comunque. “Spero che non si arrivi a una riduzione delle partite si stagione regolare come nel 1998-’99”, ha detto il capo del sindacato dei giocatori, Billy Hunter. “Ovviamente – ha aggiunto – il tempo corre e bisogna agire in fretta sulla questione delle partite. Quindi spero che entro il prossimo mese ci sia un certo ammorbidimento sia da parte nostra, sia da parte loro”.

La Nba sembrava diretta verso il lockout dall’inizio delle negoziazioni sul rinnovo del contratto. I proprietari sostenevano di avere perso milioni di dollari ogni stagione dall’inizio del contratto scaduto oggi, ratificato nel 2005. Secondo fonti della lega, 22 società su 30 hanno perso soldi. Le squadre fin dall’inizio hanno quindi tenuto una strategia aggressiva, chiedendo già dal 2010 un duro sistema per il tetto dei salari, una riduzione della durata massima dei contratti dei giocatori e l’eliminazione delle garanzie di contratto, insieme alla riduzione complessiva dei costi dei salari dei giocatori di circa 750 milioni di dollari all’anno. Queste proposte sono state ritirate durante l’All star weekend 2010, ma la lega ha comunque mantenuto più o meno questa posizione. Le squadre volevano ridurre la percentuale di fatturato della lega percepita dai giocatori che era fino a stamattina del 57%. I giocatori avevano proposto di scendere al 54,3% e di ridursi gli stipendi di 500 milioni di dollari nei prossimi cinque anni, ma le squadre hanno ritenuto che non fosse sufficiente. Al momento i giocatori non sembrano inclini a seguire l’esempio dei loro colleghi della Nfl, che hanno deciso di portare la questione in tribunale, scegliendo quindi di continuare a negoziare.