‘Non chiamatele Fake News’. Un titolo che è già un monito, un appello – rivolto all’indirizzo del lettore ma anche degli operatori dell’informazione – a prendere coscienza della complessità e della varietà di forme dietro cui si cela la ‘disinformazione’. È questo il messaggio che, ancora prima di entrare nel merito della trattazione, si impone all’attenzione di chi legge. “La parola fake news è ormai entrata nell’utilizzo comune e viene utilizzata indifferentemente per qualsiasi tipo di fenomeno di devianza relativo alle informazioni; in realtà, come ci chiedono da Harvard alla Commissione europea, l’urgenza è quella di operare delle distinzioni. Alcune sono solo bufale, altre invece sono disinformazione, altre vere e proprie macchine del fango” spiega a Lapresse Valentina Petrini, giornalista, conduttrice di ‘Fake, la fabbrica delle notizie’ e autrice del saggio uscito ieri in libreria. “Io mi occupo di andare a scardinare soprattutto quel tipo di disinformazione funzionale alla manipolazione delle masse”, aggiunge.
Una specifica declinazione del fenomeno disinformativo particolarmente insidiosa perché frutto di operazioni mirate che investono grandi tematiche al centro del dibattito pubblico. Virus, vaccini, riscaldamento globale ed emergenza climatica, 5g e campi elettromagnetici, economia e immigrazione. “Io la chiamo matematica della disinformazione” dice l’autrice. Una formula efficace che restituisce l’idea di uno studio e di un calcolo preciso che si nasconde dietro a “false notizie pensate e strutturate per profilarci e indurci ad agire”.
“Le persone sono attratte da tutto ciò che ha una spiegazione drammatica, eccitante e sinistra. É come se le fake news fossero lo zucchero che appaga i loro palati”, dice David Quammen, autore del bestseller Spillover e protagonista di una lunga intervista realizzata dall’autrice e a cui è dedicato un intero capitolo de libro con al centro la diffusione di informazioni false in ambito scientifico. Oltre al contributo di Quammen, il saggio è preceduto da una prefazione a cura di Corrado Formigli, giornalista conduttore di Piazza Pulita in cui si discute di fake in politica e in altri settori, incluso quello sanitario con un focus sulla bufale circolate sul Coronavirus.
Un ammasso di informazioni non verificate e prive di riscontri scientifici che minano la credibilità dei media tradizionali, travolti da quella ondata di sfiducia che ha investito istituzioni e politica. Ma come riscattarsi? “Sicuramente bisogna mettersi in discussione e non pensare di essere al di sopra del problema perchè se continuiamo a pensare che siano soltanto i social e la rete l’ambiente dove vive la disinformazione compiamo un errore enorme. È necessario saper riconoscere i limiti e gli errori di un sistema di informazione che è diventato parte del problema. Oltre a riconoscerli però bisogna elaborare un cambiamento e il cambiamento sicuramente passa tra le altre cose dal recupero del senso della complessità del reale”. Complici e vittime di un informazione che viaggia a ritmi sempre più sostenuti, il compito di chi fa informazione è quello di non cedere alla semplificazione “che altera la realtà”. Solo riuscendo a trasmettere la complessità si fa un informazione complessiva”.
Molta della consapevolezza maturata attorno ai limiti dell’informazione deriva dall’esperienza alla conduzione del programma Fake, racconta Petrini. “Questo libro non avrebbe potuto prendere vita nella mia testa senza l’esperienza che stiamo facendo con fake”. “L’esperienza del programma è stata fondamentale per maturare il coraggio per gettare il cuore oltre l’ostacolo e scrivere il libro. Fake è in realtà il braccio armato della mia testa, è il contenitore con cui cerchiamo di fare un tipo di informazione, non diversa, ma contemporanea. È un programma che riconosce la modernità e la contemporaneità e prova a interrogarsi su quelle che sono le esigenze del pubblico”.