A rischio settemila ettari di foreste e circa 3 milioni di metri cubi di legname danneggiato nelle aree già devastate dalla tempesta Vaia nel 2018. La causa è il bostrico, un coleottero che si nutre prevalentemente di alberi deboli o morti ma che, grazie alla sovrabbondanza di legname schiantato, ha cominciato ad attaccare le piante sane, riproducendosi ad un ritmo preoccupante. A lanciare l’allarme è Etifor società di ricerca partecipata dall’Università di Padova secondo cui in prospettiva, entro 5 anni, si stima che i metri cubi di legname bostricato, quindi inutilizzabile o di scarso valore, supereranno gli 8,7 milioni già abbattuti da Vaia, con un danno economico per la filiera del legno pari a circa 350 milioni di euro, oltre ad un ingente danno ambientale: 11 milioni di tonnellate di CO2 rilasciate dalle foreste morte, oltre alla CO2 che non verrà catturata, pari a quelle emesse mediamente in un anno da 5 milioni di automobili
Il passaggio della tempesta Vaia con venti a velocità maggiore di 200 km orari si è lasciato alle spalle un’imponente scia di distruzione del patrimonio forestale: 494 i comuni colpiti tra Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia per un totale di 42.800 ettari di bosco danneggiati e due miliardi di danni complessivi tra infrastrutture, edifici e patrimonio ambientale. Il solo settore forestale ha visto in poche ore svanire il potenziale di lavorazione di 7 anni di tutte le segherie italiane messe insieme.
La previsione degli attacchi parassitari è stata preannunciata, su basi tecnico-scientifiche, già immediatamente dopo l’evento Vaia. Fin dalla primavera 2019, è stata predisposta una capillare rete di monitoraggio della densità di popolazione dell’insetto nelle aree colpite dalla tempesta grazie ad apposite trappole disseminate nel territorio. Ottomila insetti a trappola è considerato un valore soglia per l’indicazione di una fase epidemica dell’infestazione. Nel 2020, su tutta la provincia di Trento, le catture sono state circa 8 volte maggiori di quelle dell’anno 2019 con 26.753 insetti a trappola con picchi fino a 16 volte maggiori: 53.704 insetti per dispositivo.
Le criticità messe in moto dall’epidemia sono: espansione dei focolai nei prossimi anni, soprattutto in considerazione della fragilità dei soprassuoli superstiti; ampliamento delle superfici denudate su interi versanti ripidi con conseguente accentuazione dei fenomeni di dissesto idrogeologico e di instabilità del terreno; ripercussioni sulla sicurezza dei sentieri e sull’aspetto estetico-paesaggistico, quindi sulla fruibilità del territorio; progressivo depauperamento della risorsa legno ed effetti di scompenso sulla pianificazione forestale futura, ovvero si taglierà meno legname di buona qualità e si sarà costretti a trattare quello bostricato di minor valore, aspetto che peserà sulle economie locali fino al 60% di introiti in meno rispetto ai valori pre-Vaia; aumento del rischio di sviluppo dell’infestazione fino a un punto di non gestibilità, qualora si presentassero condizioni favorevoli all’insetto, quali siccità prolungata e ulteriori schianti.
“Non esiste un’unica soluzione applicabile a tutti i contesti – spiega Jacopo Giacomoni, project manager di Etifor – ma svariati interventi declinabili a seconda delle caratteristiche del territorio e del livello di gravità dell’epidemia. Normalmente lasceremmo la natura fare il suo corso, ma in questo caso, in molti territori, è necessario un intervento umano funzionale a mitigare il problema e favorire il ripristino delle funzioni del bosco. La forma di lotta più efficace contro il bostrico è la rimozione del materiale schiantato e di quello infestato in tempo utile, bloccando così le larve in fase di sviluppo, ma purtroppo non è sempre possibile percorrere questa strada”.