Si muove qualcosa alla Cop26. Sono i primi passi che al vertice delle Nazioni Unite a Glasgow si fanno verso impegni più importanti per la lotta ai cambiamenti climatici. Da un lato arriva un accordo sullo stop alla deforestazione al 2030, firmato anche da Brasile e Cina; dall’altro il flusso di risorse che dovrà alimentare il fondo ‘Global energy allianz’ da 10 miliardi, con l’ambizione di arrivare a 100 miliardi, lanciato su impulso dell’Italia – e presentato dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani – e guidato dalle fondazioni Rockefeller, Ikea, Bezos.
Quasi una preghiera, un messaggio e un appello a far presto lo ha mandato al vertice dell’Onu il Papa: il Santo Padre parla di debito ecologico paragonandolo al debito estero, e declinandolo in chiave di “ostacolo allo sviluppo dei popoli”. Poi ricorda come gli “obiettivi di Parigi siano ambiziosi ma indifferibili. Non abbiamo alternative. Le ferite del Covid e dei cambiamenti climatici sono come quelle lasciate da un conflitto globale”. E’ necessario – secondo Bergoglio – “agire con urgenza, coraggio e responsabilità”. E il Vaticano porta in dote il suo impegno, quello di ‘emissioni zero’ entro il 2050.
Sulla deforestazione c’è l’impegno di oltre 100 leader mondiali. Gli impegni chiave della Dichiarazione vanno dalla conservazione delle foreste e di altri ecosistemi terrestri all’accelerazione del loro ripristino, dalla facilitazione del commercio e delle politiche di sviluppo per promuovere lo sviluppo sostenibile alla riduzione della vulnerabilità anche attraverso la responsabilizzazione delle comunità e la crescita di un’agricoltura più redditizia che guardi a pratiche di conservazione della terra.
I tre punti cardine del fondo pubblico-privato ‘Global energy alliance’ – che parte con 10 miliardi e “ha la grossa ambizione di arrivare a 100 miliardi” – le detta Cingolani: “Raggiungere un miliardo di persone con sorgenti di energia affidabile, risparmiare 4 miliardi di tonnellate di CO2, e creare come previsione a regime oltre 150 milioni di posti di lavoro”. L’obiettivo è accelerare soluzioni per il contrasto ai cambiamenti climatici, creare lavoro verde, e accelerare la transizione. Tra i partecipanti, le fondazioni dei giganti Rockefeller, Ikea, e Bezos.
Viene descritta come una “grande leva economica”, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo: “Non c’è cura al climate change – osserva Cingolani – senza curare anche le disuguaglianze territoriali. Il fondo deve diventare un catalizzatore. Abbiamo fatto partire questa iniziativa; ora dobbiamo capire che bisogna trattare sullo stesso piano cambiamenti climatici e disuguaglianze”. Poi, ricordando il Manifesto dei giovani – messo a punto alla ‘Youth for climate’ a Milano da 400 attivisti – che è ora stato portato a Glasgow per esser sottoposto ai leader mondiali, lancia la proposta di rendere periodico l’appuntamento; e ai giovani chiede di trasformare “la protesta in proposta”.