Più stabilità per la transizione ecologica. E’ come l’incedere di una parola d’ordine e di tanti elementi che insieme dovranno offrire il proprio contributo per trasformare il modello economico e provare a renderlo decarbonizzato: rinnovabili, efficienza energetica, addio a fonti fossili (carbone, gas, petrolio) per far posto all’elettrificazione ‘pulita’ (biometano, idrogeno, accumulatori e batterie), economia circolare da declinare non soltanto sui rifiuti ma anche sull’acqua. La Nota di aggiornamento al Def, approvata dal consiglio dei ministri tiene tutto legato, guardando alla crescita sostenibile del Paese, senza dimenticare le società partecipate, la valorizzazione del patrimonio immobiliare della Pa, e per esempio la riconversione dell’ex Ilva.
La linea è tracciata. Si parte dalle indicazioni già messe in chiaro nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), oltre che dalle scelte dal respiro europeo lanciate dal Green deal, e dagli impegni internazionali sul taglio delle emissioni di CO2, in particolare con l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Il Piano del governo è di mettere a punto una programmazione a cinque anni, proprio per “fornire una maggiore stabilità e pianificazione delle scelte per la transizione energetica”.
Il che dovrebbe “favorire gli investimenti”, prevedendo misure che siano già orientate all’attuazione del pacchetto ‘Fit for 55’. In effetti qualche indicazione dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani era arrivata, quando – nel corso dell’Italian energy summit – si era messo a parlare delle aste per la capacità rinnovabile: finora sono “andate male. Credo però che garantendo regole più rapide il problema si possa risolvere; la prima cosa che faremo sarà pubblicare una road map di aste per i prossimi cinque anni”.
Il Piano – aveva anche spiegato definendo la transizione ecologica come “una trasformazione colossale” – è “molto ambizioso”: arrivare “al 2030 con oltre il 70% di energia rinnovabile”. Ma aveva anche avvertito che non bisogna mettere “in difficoltà nessuno. La road map è stata concepita per essere sostenibile”, per avere “un equilibrio: troppo veloce non è sostenibile socialmente, troppo lenta non lo è per l’ambiente”. Il ceo di Enel Francesco Starace si concentra sulla “velocità delle autorizzazioni” e sulla “formazione”, per i quali stima che serviranno “100mila maggiori addetti”.
Scodella invece sul tavolo un punto di vista diverso Claudio Descalzi, ceo di Eni: “Se si vuole azzerare il gas e il carbone, bisogna modificare la domanda, altrimenti ci troveremo di fronte a prezzi altissimi. Le transizioni devono essere graduali; si può accelerare solo attraverso la tecnologia”.
La Nadef non si dimentica delle partecipate, tanto che mette in evidenza come siano previsti consistenti investimenti per incrementare la produzione e l’utilizzo dell’energia pulita, oltre che sulla “ricerca di soluzioni innovative, tecnologiche ed impiantistiche, lo sviluppo del biometano, con la realizzazione di nuovi impianti e la riconversione di quelli vecchi, il potenziamento e la digitalizzazione delle infrastrutture di rete, la promozione della produzione, distribuzione e degli usi finali dell’idrogeno, nonché i sistemi di riduzione delle emissioni”.
L’aggiornamento al Def entra poi nello specifico, e tira fuori l’esempio dell’ex Ilva, e di come la transizione ecologica potrebbe trasformare il grande siderurgico tarantino. Il piano del governo prevede l’idea di subentrare nel 2022, l’abbattimento dell’inquinamento (si passerà dal carbone al gas, con la predisposizione per l’idrogeno), e di andare verso l’elettrificazione. Una scelta che dovrebbe portare la produzione a 8 milioni di tonnellate di acciaio al 2025, quando sarà possibile “il riassorbimento degli oltre 10.700 addetti”.