Sono 95 mila i metri cubi di scorie destinate al deposito di rifiuti nucleari da realizzare in Italia. Per la loro collocazione sono al momento allo studio 67 aree distribuite in 7 regioni: lo 0,1% di tutto il territorio nazionale, risultato idoneo dopo avere applicato i necessari criteri di esclusione e di omogeneità. E’ il quadro tracciato dagli esperti intervenuti alla plenaria di apertura del Seminario Nazionale per l’approfondimento degli aspetti tecnici relativi al Deposito nazionale e parco tecnologico promosso dalla Sogin, la società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della gestione dei rifiuti radioattivi, compresi quelli prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare.
“Il deposito nazionale per le scorie nucleari va fatto. E non deve spaventare” dichiara Vannia Gava, sottosegretaria al ministero della Transizione ecologica. “Va visto come una infrastruttura che porterà lavoro ed economia”.
Anche per l’amministratore delegato della Sogin, Emanuele Fontani, il deposito nazionale di rifiuti nucleari “è una necessità per il Paese. Oggi – spiega – le scorie sono custodite in ben 20 depositi sul territorio italiano e verranno messi in sicurezza in un unico sito”.
“Dei 95 mila metri cubi di rifiuti nucleari che andranno nel deposito nazionale – spiega Fabio Chiaravalli, direttore del deposito nazionale e del parco tecnologico di Sogin – 78 mila metri cubi sono a bassa intensità e saranno smaltiti in maniera definitiva. I restanti 17 mila metri cubi a media e alta intensità saranno invece stoccati temporaneamente, in attesa di essere successivamente smaltiti in un deposito geologico”.
Per la scelta del sito è partito il confronto con tutti gli attori coinvolti. Al momento “sono coinvolte 67 aree in 7 regioni” inserite nella Carta nazionale (Cnapi). “Stiamo dialogando con i territori per cercare insieme la possibile collocazione del deposito nazionale delle scorie nucleari. Sono – afferma Emanuele Fontani, amministratore delegato di Sogin – più di 300 le osservazioni arrivate, per il dibattito partecipativo, da territori e stakeholder”.
Delle 67 aree potenzialmente idonee individuate nella Cnapi, 8 sono in Piemonte, 2 in Toscana, 22 nel Lazio, 17 in Basilicata e Puglia, 4 in Sicilia e 14 in Sardegna. Per l’individuazione delle aree potenzialmente idonee alla realizzazione del deposito nazionale per le scorie nucleari, ha concluso Chiaravalli “siamo partiti prendendo in considerazione tutto il territorio nazionale, 30 milioni di ettari, e ne abbiamo escluso il 99,93%”.
In Francia il deposito nazionale è già realtà. “All’inizio l’85% della comunità era contraria al deposito – racconta Philippe Dallemagne, vice presidente del Dipartimento de l’Aube e sindaco di Soulaines-Dhuys, comune dell’area che ospita il deposito nazionale francese de l’Aube -. Temeva rischi per la salute e danni all’economia. Il confronto e l’esperienza hanno fugato tutte le nostre paure”. Oggi, conclude il sindaco, “il deposito nazionale è accolto dalla popolazione come il modo più sicuro per gestire i rifiuti radioattivi di un Paese e un volano per lo sviluppo del territorio che lo accoglie”.