Il capitano dell'Italia è uno degli skipper di più lungo corso nel panorama internazionale

L'ultima volta, il 19 novembre a Firenze nel pomeriggio della storica vittoria col Sudafrica, è stata la settantatreesima: Sergio Parisse entra nel suo decimo anno da capitano dell'Italia, uno degli skipper di più lungo corso nella storia del rugby internazionale. Solo Richie McCaw (110 test da capitano degli All Blacks), Brian O'Driscoll (84, tra Irlanda e Lions) e lo Springbok Jon Smit (83) hanno guidato sul campo le proprie nazionali in un numero superiore di incontri di test-match. All'orizzonte, per il numero otto dell'Italia e dello Stade Francais, che con 121 caps è anche l'atleta più presente di tutti i tempi in azzurro, c'è il suo tredicesimo 6 Nazioni: un mese lo separa dall'esordio contro il Galles, fissato per domenica 5 febbraio all'Olimpico di Roma (ore 15, diretta Dmax canale 52 dalle 14.15).

"Ho giocato tanti 6 Nazioni, ma è sempre un grande onore poter disputare questo Torneo. E' l'appuntamento più affascinante del nostro sport ed io, al pari del resto della squadra, non vedo l'ora di riprendere con la Nazionale", dice Parisse da Parigi, dove dal 2005 veste il rosa dello Stade Francais, con cui è stato due volte Campione di Francia. "A novembre ci siamo lasciati con un po' di rammarico, la sconfitta contro Tonga è stata bruciante. Ma i test di autunno ci hanno fatto comprendere come si stia lavorando nella giusta direzione: il lavoro, il lavoro ben fatto, paga sempre. La vittoria contro il Sudafrica è lì a ricordarcelo. Un punto di partenza, non di arrivo", racconta il terzo centro aquilano.

Primo raduno il 22 gennaio a Roma per una tre giorni di preparazione al Torneo, poi di nuovo insieme dal 29, sempre nella Capitale, per preparare il debutto contro il Galles e la sfida di sei giorni dopo, sempre in casa, contro l'Irlanda: "La differenza tra una buona squadra ed una grande squadra è nella continuità della performance. Non faccio pronostici, non li ho mai fatti: ma avere due partite in casa è un ottimo inizio e giocare davanti al nostro pubblico, respirare l'entusiasmo ed il calore dei nostri tifosi, non può che aiutarci. E poi il bello del 6 Nazioni è che, ogni anno, regala sorprese…".

Con lo staff tecnico, prosegue Parisse, "c'è grande sintonia, sin dai primi approcci. Conor (O'Shea, ndr) è un tecnico giovane, ambizioso, intelligente, energico, molto motivato. Soprattutto, ha le idee chiare e riesce a trasmettere la sua positività ai giocatori, al gruppo. Nell'ultimo periodo avevamo perso la complicità, l'allegria di stare insieme in Nazionale: ora si lavora con grande intensità, ma farlo è tornato ad essere un piacere".

La strada intrapresa, insomma, pare quella giusta: "Sono il primo a dirlo, ma sappiamo tutti che c'è molto da fare ad ogni livello. Il CT vuole creare i presupposti per rendere le franchigie italiane di PRO12 più competitive, essere parte attiva nei cambiamenti che devono portare Benetton e Zebre ad avere più certezze sul campo e, da quanto ho potuto leggere, è importante che si torni a parlare di una Lega per l'Eccellenza con il supporto della FIR: il Super 10 che ho lasciato oltre dieci anni fa era un ottimo campionato e con la Benetton ci eravamo tolti qualche soddisfazione importante in Europa.  Con il 6 Nazioni alle porte, in ogni caso, è importante per noi giocatori concentrarci sulle nostre performance".

"A volte noi italiani – conclude Parisse – tendiamo ad essere molto negativi, a vedere tutto nero. E finiamo per convincerci che tutto sia negativo. Non è così: ci sono tante cose buone nel rugby italiano, tanti ragazzi con potenzialità. Bisogna lavorare per metterli nelle condizioni di migliorarsi. Ecco, per il 2017 che è appena iniziato mi piacerebbe questo: confrontarci tutti quanti in modo positivo, lavorare tutti nella stessa direzione, creare le condizioni per una crescita sempre più efficace del nostro movimento".

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata