Uno scatto con il suo idolo sarebbe la ciliegina sulla torta, ma Rami Anis un primo sogno l'ha già realizzato

Una cosa è certa: "Stavolta, non torno a casa senza un selfie con Michael Phelps". Oltre alla partecipazione alle Olimpiadi, il secondo grande obiettivo del 25enne Rami Anis, siriano, è quello di portarsi via una fotografia con il suo idolo. Uno l'ha realizzato, il secondo si vedrà. Rami è uno dei componenti della squadra dei rifugiati che per la prima volta nella storia è in gara ai Giochi, sotto la bandiera olimpica e l'egida dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Giovani atleti segnati da una vita di sofferenza, in fuga da violenze e persecuzioni nei loro Paesi, gente che non ha più una patria. Ed ora in cerca di riscatto con lo sport. Il ragazzo siriano, residente in Belgio, è sbarcato in questa estate indimenticabile a Rio, punto di riferimento di un mondo completamente nuovo per lui. Così lontano da quello di sofferenza dove è cresciuto. Nel suo programma, le batterie dei 100 farfalla e dei 100 stile libero. L'obiettivo dei Giochi, come tutti gli sportivi, l'ha inseguito sin dal ragazzino, durante le giornate in piscina ad Aleppo, sulle orme dello zio Majad, ex nazionale siriano.

La situazione sempre più tesa in Siria, tra rapimenti e attentati ormai all'ordine del giorno, e il governo che minacciava di arruolarlo e portarlo in guerra, l'ha però portato in Turchia, a raggiungere il fratello maggiore che lì viveva. Non avendo però la nazionalità turca necessaria per gareggiare, si è imbarcato sul gommone verso Samos, in Grecia, e da qui è volato in Belgio, dove gli è stato concesso asilo nel 2015. Qui ha iniziato ad essere seguito da un ex nuotatrice olimpionica, Caroline Verbauwen. Un piccolo giro del mondo notevole per un ragazzo della sua età, che però dice di vedere solo nella piscina "la sua vera casa" e spiega di voler dimenticare tutto quello che è successo prima. La guerra, una questione privata. Poi, nella sua movimenta vita, è arrivato un altro volo, stavolta a superare l'oceano, verso il Brasile, a farsi illuminare dal sacro fuoco di Olimpia. I Giochi Olimpici. Dove battaglie e combattimenti sono esclusivamente racchiusi dentro il terreno di gara. Lo scoglio delle batterie olimpiche non è stato superato, ed è una cosa che immaginava, ma questo non sminuisce l'orgoglio di essere arrivato comunque a giocarsela in mezzo ai migliori atleti del pianeta.

"E' una grande sensazione competere alle Olimpiadi", ha raccontato dopo la batterie dei 100 farfalla. "Sono molto orgoglioso di quello che ho ottenuto finora. Dentro di me conserverò grandi ricordi". Come i tantissimi messaggi che gli stanno inviando da tutto il mondo: "Da quando sono arrivato a Rio l'attenzione dei media nei miei confronti sta aumentando di giorno in giorno" spiega Rami. "La mia pagina di Facebook è stata inondata di messaggi. Sono persone che fanno il tifo per me, che mi incoraggiano. E' una sensazione meravigliosa e li ringrazio tutti". Prima del ritorno in Belgio, però, manca una cosa: una fotografia con il re incontrastato del suo sport, Michael. Per adesso non c'è ancora stata l'occasione. Trovare il momento giusto con il 'Cannibale' attualmente impegnato nel portare avanti i suoi record non è facile. Rami ci aveva già provato ai Mondiali di Roma 2009 e Shanghai 2011, dove lo riuscì ad avvicinarlo. Ma l'americano rifiutò. "Una cosa che lo ha devastato", svela la sua allenatrice. "Anche se ha capito, ovviamente, è consapevole delle tante richieste che Phelps ha". Il ragazzo siriano, come sempre ha fatto nella vita, non si arrende. Ritrovarsi insieme a Phelps sullo sfondo del telefonino sarebbe la sua medaglia, la seconda dopo quella del sogno olimpico.

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