di Attilio Celeghini
Trieste, 1 giu. (LaPresse) – Decisamente, e questa è una bella notizia, è stato un Giro d’Italia per giovani. Visto il forfait dei big, in testa Alberto Contador, Chris Froome e Bradley Wiggins, cui si è aggiunto il ritiro di ‘Purito’ Rodriguez dopo la sesta tappa, a prendersi i riflettori nell’edizione 2014 della corsa rosa ci ha pensato un talentuoso gruppo di ‘enfants terribles’. A partire dal trionfatore Nairo Quintana, classe ’90 proprio come Fabio Aru, splendido terzo in classifica generale e già investito dell’impegnativo ruolo di speranza italiana per il futuro. I due coetanei hanno combattuto e regalato emozioni sulle salite decisive del Giro: il colombiano ha dominato la cronoscalata da Bassano a Cima Grappa, ma ha dovuto condividere gli applausi con il giovane sardo della Astana, arrivato al traguardo ad appena 17″ dal colombiano. La scena, Aru, se l’era comunque già presa nella vittoria di Pian di Montecampione, dove si è guadagnato l’appellativo di ‘Spettacolaru’. E il ‘tamburino sardo’ è stato in gara per la ‘medaglia d’argento’ fino al penultimo atto, quello culminato con la temibile ascesa verso il ‘Mostro’ Zoncolan.

L’enorme sforzo fatto, però, nella cronoscalata si è fatto sentire e l’azzurro, l’anno scorso uomo chiave nella vittoria del compagno di squadra Vincenzo Nibali (che a questo punto potrebbe diventare suo rivale), non è riuscito a dare l’assalto decisivo al secondo posto di Rigoberto Uran. Ma il terzo gradino del podio – era dal 2004, con Cunego, che un italiano così giovane non ci saliva – ha il sapore del test di maturità superato. Chissà che il Giro 2014 non abbia rappresentato un suggestivo prologo di un duello, Quintana-Aru, che potrebbe regalare, nei prossimi anni, pagine importanti nella storia dei ciclismo internazionale. Il ‘terzo uomo’ che si è messo in luce tra i giovani è senza dubbio Rafal Majka, un anno più vecchio rispetto a Quintana ed Aru. Il sesto posto che ottiene, zitto zitto, nella generale è un’abbondante iniezione di fiducia per il polacco della Tinkoff Saxo, che ha lottato con il colombiano e l’italiano della Astana per la maglia bianca. Anche di lui sentiremo parlare, così come l’olandese Wilco Kelderman (Belkin), classe 1991 e altra rivelazione del Giro 2014.

Tornando al podio, esce a testa altissima il già citato Uran, secondo come nel 2013: ma il colombiano della Omega ha saputo tenere testa all’amico-rivale, indossando la maglia rosa dopo quattro tappe prima che Quintana gliela sfilasse al termine della discussa frazione da Ponte di Legno alla Val Martello. Ha coltivato sogni di gloria anche l’eterno Cadel Evans. Il 36enne australiano della Bmc, quattri volte in rosa, non si è risparmiato ed è stato in corsa fino al Rifugio Panarotta, dove è crollato. Se il Giro 2014 verrà ricordato per lo strapotere colombiano (doppietta Quintana-Uran sul podio, Quintana miglior giovane, Arredondo primo nella classifica dei Gpm e vittorioso al Rifugio Panarotta), la prima settimana è stata una faccenda tutta australiana con la staffetta in rosa tra la sorpresa Michael Matthews, sei giorni in vetta alla classifica nonché trionfatore a Montecassino e il già citato Evans. E un altro ‘canguro’, Michael Rogers, dopo aver brindato a Savona, ha domato lo Zoncolan dimosrando che anche uno specialista nelle crono può fare la differenza sulla salita più dura d’Europa. L’indiscusso re delle volate, una volta raccolto il testimone di Marcel Kittel protagonista di una gran doppietta in terra d’Irlanda, è stato Nacer Bouhanni: il francese della Fdj ha calato il tris ripetendo sempre lo stesso copione: sprint vincente a spese di Giacomo Nizzolo. Per l’italiano della Trek, quasi una maledizione. E se i transalpini possono godersi anche il quarto posto nella generale di Pierre Rolland, i colori azzurri hanno di che consolarsi, oltre che per il ‘bronzo’ di Aru, con la doppia zampata di Diego Ulissi (a Viggiano e Montecopiolo) e gli splendidi assoli firmati dal trio Bardiani formato da Marco Canola (a Rivarolo Canavese), Enrico Battaglin (Oropa) e Stefano Pirazzi, che al traguardo di Vittorio Veneto si lascia andare ad un gesto dell’ombrello liberatorio. Un’esultanza evitabile, ma che non oscura la sua bella impresa.

Sono rimasti a secco di vittorie ma meritano una menzione speciale Domenico Pozzovivo, gran lottatore – forse, con delle crono più coraggiose, avrebbe potuto aspirare a qualcosa di più del quinto posto – e gli eterni Franco Pellizotti e Ivan Basso: il veterano della Androni manca l’impresa sullo Zoncolan, in quella che sarebbe stato il successo più bello della sua carriera, ma deve accontentarsi di un secondo posto bagnato dalle lacrime. L’ex vincitore del Giro onora la corsa rosa e sfodera il ruggito del leone cercando la fuga sul Panarotta. Premio fair play a Francesco Manuel Bongiorno (un altro classe ’90), che a causa della sconsiderata spinta di un tifoso sulla salita dello Zoncolan perde la possibilità di giocarsi la vittoria di tappa. Al traguardo, l’azzurro della Bardiani fa buon viso a cattivo gioco: “I tifosi ci danno forza, ma meritiamo rispetto”. Premio sfortuna al già citato Nizzolo, che al traguardo Trieste arriva, per la quarta volta in tre settimane, secondo. Stavolta alle spalle dello sloveno Luka Mezgec, che chiude il suo Giro in bellezza trionfando proprio a pochi chilometri da casa.

La classifica finale del Giro d’Italia dopo la 21/ma e ultima tappa, da Gemona del Friuli a Trieste di 172 km. 1. Nairo Quintana, Col, Movistar, 88h14’32”; 2. Rigoberto Uran Uran, Col, Omega Pharma-Quick Step, + 2’58”; 3. Fabio Aru, Ita, Astana, + 4’04”; 4. Pierre Rolland, Fra, Europcar, + 5’46”; 5. Domenico Pozzovivo, Ita, Alm, + 6’32”; 6. Rafal Majka, Pol, Saxo Tinkoff, + 7’04”; 7. Wilco Kelderman, Ola, Belkinm + 11’00”; 8. Cadel Evans, Aus, Bmc, + 11’51”; 9. Ryder Hesjedal, Can, Garmin Sharp, + 13’35”; 10. Robert Kiserlovski, Cro, Tfr, + 15’49”.

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