Roma, 5 set. (LaPresse) – Presentato questa mattina alla stampa romana, in contemporanea con il Festival di Venezia, ‘Bella Addormentata’, presso il Cinema Quattro Fontane, il film di Marco Bellocchio ambientato nei sei giorni precedenti alla morte di Eluana Englaro che tocca lo scottante tema del fine vita e dell’accanimento terapeutico, e lo fa attraverso le storie di chi incarna i diversi punti di vista. Toni Servillo è il senatore Beffardi chiamato in extremis dal suo partito, Forza Italia, a votare per una legge in cui non crede, segnato dalla scomparsa della moglie, malata terminale che ha aiutato a morire. Preparerà un discorso pubblico per spiegare il suo dissenso e le conseguenti dimissioni, ma sarà fermato all’entrata in Parlamento dalla notizia della morte di Eluana.

“Credo che il film – sostiene l’attore del ‘Divo’ – abbia uno dei suoi punti di forza nella possibilità che alcuni personaggi hanno nel corso della storia di svegliarsi da un coma emotivo, sentimentale, da un coma delle idee, della personalità”. Intanto la figlia Maria (Alba Rohrwacher), prendendo parte alle proteste contro l’interruzione dell’alimentazione forzata sotto la clinica La Quiete, incontra Roberto (Michele Riondino), di cui si innamora sebbene faccia parte dello schieramento opposto. Isabelle Huppert interpreta il ruolo di una famosa attrice che si ritira a vita privata per accudire 24 ore su 24 la giovane figlia in stato vegetativo, nella speranza di un risveglio. La bella addormentata inconsapevole toglie a Federico (Brenno Placido) la possibilità di avere una madre e per questo il ragazzo tenta di mettere fine all’esistenza della sorella staccandole il respiratore, ma viene fermato in tempo dal padre (Gian Marco Tognazzi).

Il personaggio della Divina Madre, che si rivela “soprannaturale già nel nome”, incarna “un atteggiamento verso la morte – dichiara Huppert conquistata dallo sguardo soggettivo di Bellocchio – che a volte può capitare di avere: si può pensare che possa capitarci una tragedia perché si è colpevoli di qualcosa, e cercare un’assoluzione per combatterla”. Significativa la scena in cui l’attrice francese mentre dorme mima il gesto di lavarsi dalle mani una macchia che non va via. In Francia c’è “lo stesso tipo di dibattito che in Italia – spiega – sulla possibilità di promulgare una legge che permetta alle persone di mettere fine alla propria vita o di permettere ad altri di farlo al nostro posto”. In Italia, conclude, la situazione è ancora più tesa per la presenza e l’influenza del Vaticano. In un ospedale si svolge il terzo dramma, quello di Rossa (Maya Sansa), tossicodipendente aspirante suicida che si taglia le vene di fronte ad un medico del Pronto Soccorso (Pier Giorgio Bellocchio). Mentre i colleghi scommettono sul giorno in cui si spegnerà la Englaro, Pallido, questo il suo nome, decide di seguire il caso disperato dell’autolesionista.

“Senza Eluana che muore non ci sarebbe Bella Addormentata, che si risveglia”. Queste le parole di Marco Bellocchio sull’origine del suo atteso film in concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Nato da “una fortissima emozione” e dalla “solidarietà per il padre di Eluana”, il film ha rischiato, secondo il regista, per questa ragione di essere limitato nello sguardo. Così Bellocchio decide di aspettare due anni per approfondirlo e creare “altre storie non estranee a quella di Eluana eppure indipendenti”. Per farlo ha attinto ai ricordi dell’infanzia e della sua famiglia cattolica, ma anche al “compromesso con la politica”.

In ‘Bella Addormentata’ sono rappresentati poi “i principi morali, l’importanza della coerenza alle proprie idee, il rifiuto di arrendersi di fronte a una vita in pericolo che conserva però le potenzialità per riprendersi, per rinascere (vedi Rossa e Pallido)”. Il percorso dell’autore del ‘Diavolo in corpo’ ha privilegiato la scrittura, mentre per le riprese “si è abbastanza improvvisato”. Bellocchio definisce il suo “un film sincero per nulla ideologico” anche se “non è un film imparziale”. E confidando “in un pubblico non indifferente” al dibattito, conclude: “In arte credo l’imparzialità non esista. Ho le mie idee, ma il film non è un manifesto”.

“Due sono i grandi temi – si legge nelle note di produzione – con cui si misura il film: il valore della vita; il momento in cui la vita non è più. Il primo è un tema eterno, il secondo è odierno”. “Quando un corpo che non può sopravvivere autonomamente – sostiene Riccardo Tozzi di Cattleya – perde irreversibilmente la capacità di coscienza e relazione, non ha più vita. Questo è il campo filosofico-morale che il film investe, con una ricerca appassionata e lucida, magistralmente incarnata in un linguaggio cinematografico potente suggestivo e al tempo stesso chiarificatore”. Per il produttore “in un tempo in cui il mercato è dominato dalle commedie, un film così drammatico è una sfida”. Le vendite internazionali del film, coprodotto da Cattleya con Rai Cinema e dalla francese Babe Films, saranno curate da Celluloid Dreams.

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