È un western dal messaggio universale il film scelto per inaugurare la dodicesima edizione della kermesse. Sul red capet il regista Scott Cooper e gli interpreti Rosamund Pike e Wes Studi

È ambientato nell’America del 1892, quando i bufali sono scappati via e le popolazioni indigene sono state sconfitte, il film d’apertura della dodicesima edizione della Festa del cinema di Roma.

Hostiles è un western atipico, che pur omaggiando i classici di John Ford in alcune scene, si discosta dai personaggi stereotipati di questo genere, in cui esistono solo il buono e il cattivo, e sposta il focus sulla razza, la cultura e il rispetto. Quando Scott Cooper ricevette il soggetto dell’autore di Caccia a Ottobre Rosso, Donald Stewart, ci vide subito questioni universali, che potevano avere una rilevanza negli Stati Uniti odierni. “Sappiamo tutti quali maltrattamenti abbiano subito i nativi americani, oggi vediamo le stesse cose verso le persone di colore, ma anche verso la comunità LGBTQ”, ha dichiarato Cooper spiegando il motivo principale che lo ha spinto a fare sua questa storia, prenderne in mano la regia e scriverne la sceneggiatura. Sceneggiatura scritta per il suo amico Christian Bale, già protagonista del suo Out of the Furnace.

È lui a interpretare il leggendario capitano dell'esercito che accetta con riluttanza di scortare un capo guerriero Cheyenne in punto di morte (Wes Studi) e la sua famiglia fino alle loro terre natie. Due vecchi rivali che affrontano un viaggio di proporzioni simili all’Odissea, mille miglia di cammino da Fort Berringer, un isolato accampamento nel Nuovo Messico, alle praterie del Montana. Durante il viaggio incontreranno una giovane vedova, i cui cari sono stati assassinati in quelle pianure, che ha il volto di Rosamund Pike, candidata nel 2015 al premio Oscar come miglior attrice protagonista per L’amore bugiardo – Gone Girl, presentato proprio alla Festa di Roma nel 2014.

“Quello che Scott ha scritto è così vero: è la storia di una perdita tremenda. Il mio personaggio ha perso il desiderio di vivere, quando sono morti suo marito e i loro tre figli”, Pike, elegantissima in un abito rosso, si commuove mentre descrive alla stampa il suo ruolo. “Non è forte in senso fisico come lo sono le donne delle storie moderne, al contrario sa cosa sia la debolezza, è molto femminile e la sua forza sta nel trovare un nuovo motivo per andare avanti”. E questo motivo diventa il voler trasformare il personaggio interpretato da Christian Bale. “Lei inizialmente in questa famiglia Cheyenne – continua Pike – vede solo l’altro, il diverso. Ma poi sente il loro dolore, riconosce che quella donna è una madre come lo è stata lei. Non fa una scelta, si limita a guardare e ad ascoltare”.

E imparare a guardare e ascoltare è proprio il messaggio che vuole inviare il regista. “Già prima di girare questo film pensavo che dovremmo impegnarci di più per comprendere gli altri, – spiega Scott Cooper – ma dopo averlo concluso sono accaduti fatti di cronaca come quelli di Charlottesville: ho visto l’antisemitismo e la violenza. Non capisco quello che sta succedendo in America e non so come spiegarlo alle mie figlie, dopo otto anni di Obama. Ma se da che questo film partisse una discussione sull’importanza di conoscere chi è diverso da noi sentirei di aver fatto qualcosa di utile”.

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