di Alessandro Di Liegro

Asti, 30 giu. (LaPresse) – Un anno senza Giorgio Faletti: il 4 luglio sarà il primo anniversario dalla morte dello scrittore astigiano. Quel giorno debutterà ‘L’ultimo giorno di sole’ l’ultimo spettacolo scritto prima della scomparsa. Pensato e creato per l’amica Chiara Buratti, astigiana d’adozione, e da lei interpretato, è diretto da Fausto Brizzi con le musiche arrangiate da Andrea Mirò. Dopo l’esordio al Teatro Alfieri di Asti nella rassegna Astimusica, lo spettacolo postumo di Faletti girerà l’Italia per un piccolo tour prima di iniziare la stagione autunnale nei teatri. Chiara Buratti parla di Faletti all’indicativo presente, come se lo scrittore, attore e regista fosse ancora vivo, per poi ricordare la sua morte con rammarico e malinconia, e racconta questa sua ultima storia dal sapore apocalittico, malinconico, con un adito di speranza e di serena rassegnazione.

Come nasce “L’ultimo giorno di sole”?

“Conoscevo Giorgio perché siamo concittadini: Una sera l’ho invitato a vedere uno spettacolo teatrale, lui è venuto a vedermi, è entrato nei camerini e mi ha detto: ‘Chiara perché non ho mai scritto niente per te?’ Io ho riso, gli ho tenuto il gioco e gli ho detto ‘Infatti, inizia a scrivere’ e lui, a sorpresa: ‘Ho già scritto tutto, è nella mia testa’. Lui è una persona onnivora, curiosa, ha scritto subito le prime canzoni. La nostra frequentazione è quindi diventata quotidiana, avevamo un rapporto straordinario nell’ordinario. Provavamo insieme ogni giorno fino a che, nel dicembre del 2013, mi ha consegnato l’intero testo e le canzoni. Tre settimane dopo ha scoperto di essere malato. Quando è rientrato in Italia, lo scorso giugno, voleva venire ad ascoltare le incisioni ‘Vengo in sedia a rotelle, voglio sentirle’. Io stavo incidendo le canzoni con Andrea Mirò. Purtroppo non è mai riuscito a venire”.

Possiamo intendere questo spettacolo come un lascito di Faletti o come un modo per ricordarlo?

“Sì, lo possiamo intendere come un suo testamento: nel momento in cui lui ha scritto questo testo non sapeva di essere malato. A volte l’arte ti spinge a fare scelte che col senno di poi risultano struggenti. Ha deciso di scrivere uno spettacolo sull’eternità, sull’elogio della vita attraverso la morte i cui toni che oggi risuonano più poetici e profetici, alla luce di quello che è successo. E’ una sua eredità”.

Interpretare i suoi lavori significa un po’ farlo rivivere?

“Per me è far rivivere due tempi: il primo è il tempo della gioia. Lui sarà felicissimo della concretizzazione del progetto. Abbiamo messo in piedi un sogno da noi condiviso. Poi c’è il tempo del rimpianto, perché metterlo in scena senza di lui è metterlo in scena a metà. Tenere accesa la luce di Giorgio e raccontare il suo mondo, il suo viaggio nella sua visione emotiva del mondo è un’esigenza”.

Che persona è Linda?

“La storia, in breve, è questa: viene comunicato che ci sarà fine del mondo, il sole esploderà emettendo un grande quantitativo di materia solare e ci sarà una piccola zona della terra in cui, forse, si potrebbe trovare scampo, perché nascosta e all’ombra. Tutta l’umanità si trasferisce in questa terra della speranza. L’unica persona che decide di rimanere nella sua città di origine, che sarà l’epicentro dell’esplosione, è Linda, che si rifugia nella collina dove andava quando era bimba, il suo posto delle fragole, e lì aspetta l’esplosione del sole, cercando a suo modo di accogliere il buio che sta per arrivare, aprendo i suoi cassetti della memoria e mischiando momenti belli e momenti tristi, cantando per esorcizzare quello che sta per accadere e per accogliere. A livello tematico e simbolico racconta di una donna che non si arrende neanche davanti all’unica cosa che non può sconfiggere. Linda è simbolo di chi reagisce a modo proprio di chi va controcorrente, un mondo che sia giunto al tramonto”.

L’ultimo giorno di sole muove fra prosa e musica, due dei campi in cui Faletti si è adoperato. Com’è stato approcciarsi al suo lavoro?

“Il tono dello spettacolo è anche molto poetico. E’ stata una bella sfida, lui ha deciso di scrivere questo spettacolo per me, per attrice sola. E’ una sfida impervia, come un ciclista che deve andare in fuga, bisogna correre da soli. Cercherò di andare in fuga senza staccare il pubblico, ma non è facile. Giorgio mi ha insegnato il valore della fatica, il suo metodo mi è stato molto utile, mi ha sempre insegnato che la fatica va addestrata così come l’istinto, tanto quanto il talento e l’ispirazione. Mi ha sempre insegnato che si può vivere di arte stando in mezzo alla gente. E’ stando con gli altri che si hanno le ispirazioni, che si creano i personaggi, che si hanno punti di vista diversi. Lui mi ha insegnato, lavorando insieme, che è proprio stando in mezzo alla gente si trova il modo migliore per aprirsi, per scrivere per creare e per interpretare nuovi personaggi”.

Lei era amica di Faletti, secondo lei il legame affettivo può essere un impedimento o una facilitazione alla giusta interpretazione dei lavori di Faletti?

“Giorgio ha scritto un testo assolutamente nelle mie corde. La protagonista sono io. E’ una Linda che è una donna che vuole essere diversa, che va controcorrente e che ha sempre guardato il passato in maniera tenera e ne ha fatto tesoro. E’ simile a me nell’umorismo e vive in maniera contrastante il senso della morte, lo accoglie senza viverlo in maniera drammatica. La struttura morale del personaggio è qualcosa che già lui aveva in mente ma che ha visto in me. Ci sono parti in cui io mi parlo di me e lui descriveva questo personaggio nelle mie caratteristiche: ‘Guardati Linda, di anni 35, leone ascendente vergine’ e si divertiva a creare questa commistione di persona e personaggio. Mi stupiva inserendo cose che appartenevano al suo passato ma anche al mio. Mi mandava il copione e io ritrovavo un’esperienza che gli avevo raccontato un anno prima. Interpretarlo, sapendo che Giorgio non c’è più e che ha scritto questo testo per me è molto emozionante. Questa emozione si sta trasformando in un’emozione universale che voglio dare al pubblico. E’ una risorsa che ho per trasformare il mio personaggio in qualcosa di universale e che in quel momento avrà sul palco una vita propria. Il personaggio è dell’autore, ma in quel momento Linda avrà una vita propria”.

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