Intervista a Maria Capobianchi, direttore del Laboratorio di virologia dell'Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani

"Le notizie positive non mancano, a cominciare da quelle che arrivano dal miglioramento delle cure, ma di lavoro da fare ce n'è ancora tanto, soprattutto sul fronte della prevenzione". Maria Capobianchi è una esperta in materia di aids e hiv. 

Direttore del Laboratorio di virologia dell'Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani, Capobianchi negli ultimi 30 anni ha seguito da virologa e studiosa l'evoluzione delle cure e dei sistemi di prevenzione contro la malattia: "Le cure disponibili oggi permettono di azzerare la carica virale di un sieropositivo – spiega a LaPresse – dall'hiv non si guarisce ma, se ci si cura adeguatamente, non si trasmette più il virus e si mantiene un'attesa di vita quasi pari a quella dei non sieropositivi. Per questo è importante iniziare la cura prima possibile – prosegue – anche senza un deterioramento del sistema immunitario: la terapia diventa essa stessa mezzo di prevenzione contro nuovi contagi e normalizza la vita del sieropositivo".

La ricerca ha fatto passi da gigante, "ma il rovescio della medaglia è che la percezione dei rischi legati all'hiv sia calata. Oggi più che mai è importante tenere alta l'attenzione, perché nessuno più si sente a rischio e buona parte delle infezioni vengono diagnosticate in ritardo: troppo spesso il test si fa quando compaiono manifestazioni cliniche, mentre non deve esserci timore di affrontare il problema, tanto più oggi che l'hiv si può curare bene".

"È necessario agire su più fronti per raggiungere una nuova consapevolezza di pericoli e rimedi – aggiunge – innanzitutto lavorando sulle cosiddette 'popolazioni target', dove il messaggio può essere di maggiore efficacia, per esempio i giovani e, in particolare, i giovani omosessuali non ancora entrati nel circuito delle associazioni". In riferimento ai giovani c'è poi il tema scuola, dove, ancora oggi, l'argomento hiv "viene affrontato in maniera non strutturata e incompleta, con tanti pregiudizi – prosegue -. La scuola non è la sola depositaria di questo compito, ma trasformare le classi in un luogo di crescita della consapevolezza significa piantare semi che daranno frutti negli anni avvenire. Certo – continua – questo non può essere lasciato all'iniziativa del singolo docente ma deve, al contrario, essere calibrato con un'iniziativa a centrale".

In conclusione l'invito a fare il test "che oggi è facilitato in ogni modo e sempre, rigorosamente, anonimo. L'importante è che in caso di sieropositività ci si rivolga subito a un centro specializzato per avviare un percorso terapeutico e di monitoraggio congruo".

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