Roma, 16 giu. (LaPresse) – Stop a una politica economica fatta solo di “annunci”, che “ci sta portando allo sfascio” e a una recessione frutto anche “delle scelte fatte dal governo Monti” e non solo dell’Unione europea. Cgil, Cisl e Uil scendono in piazza, a Roma, dando vita a una grande manifestazione sui temi del welfare, della crescita e del fisco: in 200mila, tra lavoratori, pensionati, immigrati e delegati delle Rsu secondo gli organizzatori, partecipano al corteo che ha preso il via da piazza della Repubblica e si è concluso in piazza del Popolo, con il comizio finale dal palco dei tre segretari generali dei sindacati, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Sono tante le questioni ‘calde’ che accendono i discorsi dei tre leader, ad iniziare dalla politica del governo sulla crescita. I sindacati, infatti, bocciano come “titoli e annunci” i tre provvedimenti licenziati ieri dal Consiglio dei ministri: il decreto sviluppo, i tagli agli organici di palazzo Chigi e Tesoro e la dismissione del patrimonio pubblico. La leader della Cgil, Susanna Camusso, lo sottolinea: “Di annunci si può anche morire se non si fanno le cose che si annunciano”. Sulla stessa lunghezza d’onda Bonanni e Angeletti: per il leader della Uil “stiamo in un Paese dove, dopo un annuncio sulla crescita appresso all’altro e piani faraonici sulle opere pubbliche, siamo precipitati in una recessione”. Altra questione al centro della protesta è il caso ‘esodati’: Camusso chiede un’operazione trasparenza e che tutti vadano in pensione secondo le vecchie regole, mentre Angeletti consiglia al ministro del Lavoro, Elsa Fornero, di fare “meno interviste” e di risolvere il problema. E sono proprio Fornero e la riforma del mercato del lavoro al centro delle contestazioni nel corso del corteo. Cgil, Cisl e Uil criticano il governo anche per l’assenza di concertazione che per Bonanni ha provocato “il frutto malefico” degli esodati e una riforma del mercato del lavoro su cui, per Camusso, si dovrebbe ricominciare tutto dall’inizio. La svolta sulla crescita per i sindacati “non c’è” ed è per questo che, promettono, ritorneranno in piazza qualora il governo non avvii la stagione del dialogo.

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