di Donatella Di Nitto

Bari, 24 ott. (LaPresse) – E’ scontro tra politica e magistratura. Dal palco del teatro Petruzzelli di Bari, dove si è aperto ieri il XXXII congresso dell’Anm, Rodolfo Sabelli attacca: “Siamo infatti consci dei pericoli che potrebbero venire dall’immagine, facile e falsa, di un’associazione raffigurata come espressione di una corporazione rivendicativa tutta volta alla difesa dei propri privilegi, immagine purtroppo sostenuta e rilanciata da più parti, in una consapevole strategia di delegittimazione” della magistratura. Il senso è quello di un rapporto tra organi giuridici e Parlamento che ha perso i toni accesi del passato, mantenendo però vive le prove di forza tra le due componenti.

“La tensione fra politica e magistratura, legata per anni a vicende giudiziarie individuali, ha finito con l’offrire di sé un’immagine drammatica ma, in realtà, semplificata – spiega -. Oggi quei rapporti sono restituiti a una dinamica meno accesa nella forma ma più complessa. Ancora, la relazione fra giustizia ed economia si impone come argomento centrale di discussione”. Molte le critiche di Sabelli, fra tutte quelle indirizzare al contrasto della corruzione, contrasto che il presidente dell’Anm definisce come “incoerente timidezza”. “Concussione, traffico di influenze, corruzione privata, ancora attendono una sistemazione definitiva, adeguata alle caratteristiche e alla gravità di tali condotte – spiega Sabelli -. Se vanno salutate con favore l’introduzione del delitto di autoriciclaggio e la riforma della falsità in bilancio, tuttavia le nuove norme presentano limiti tecnici, che le prime applicazioni giurisprudenziali cominciano a rivelare”.

INTERCETTAZIONI. E’ però ancora la legge sulle intercettazioni a riaccendere il dibattito tra toghe e onorevoli deputati e senatori. Sabelli non si esime dal rilevare che il tema “ha finito con l’assumere una centralità che, oltre a nuocere alla serenità della riflessione, risulta perfino maggiore dell’attenzione dedicata ai problemi strutturali del processo e a fenomeni criminali endemici” e affonda “senza volere indulgere a facile enfasi non posso tuttavia non sottolineare la gravità di una criminalità organizzata diffusa ormai in ogni ambito e le forme di pesante devianza infiltrate nel settore pubblico e in quello dell’economia”.

La risposta arriva direttamente dal Partito democratico con David Ermini, responsabile della Giustizia del partito, che avverte: “Alcune frasi sulla ‘politica non attenta’ ci appaiono ingenerose” e “bisogna fare attenzione a non fare confusione”. Ermini infatti pone l’accento sul fatto che “ad oggi né il governo né il Parlamento hanno messo mano al sistema delle intercettazioni, non è stata toccata nessuna delle attuali competenze degli organi inquirenti o di quelli giudicanti. Ci siamo preoccupati solo dell’aspetto legato alla pubblicità delle intercettazioni”.

A difesa del Parlamento anche il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini che “pur condividendo largamente la relazione di Sabelli” sulle intercettazioni “sono in disaccordo”. Legnini infatti tiene a specificare che “il Paese ha strumenti normativi, organizzativi e capacità giurisdizionale di contrasto alle mafie di primordine, così come penso che gli strumenti a disposizione per contrasto alla corruzione oggi siano molti più efficaci e articolati anche sul versante della prevenzione rispetto al passato. Bisogna essere equi nel giudizio e nel valutare l’impegno del Parlamento su queste materie”.

GIUSTIZIA ED ECONOMIA. Non solo politica e magistratura. Al centro del Congresso, che ieri si è aperto con in platea il capo dello Stato, Sergio Mattarella, anche i rapporti tra giurisdizione e realtà economica nella tutela dei diritti e coinvolge nel dibattito dedicato alla qualità della giustizia i più diversi e autorevoli punti di vista. Il numero uno dell’organo di rappresentanza dei magistrati infatti nel suo discorso richiama l’attenzione sul pericolo che ci può essere nel far prevalere l’idea che a meno controlli e minori garanzie “possa corrispondere una maggiore crescita, come se il problema consistesse nella regola e non piuttosto nella sua violazione”, pericolo che porterebbe a una “subordinazione della politica e della giurisdizione al potere economico, in una pericolosa prospettiva tecnocratica, sostanzialmente antipolitica”. Di fatto, spiega Sabelli: “I temi economici vanno dunque ricondotti all’alveo delle decisioni politiche, cioè delle scelte democratiche, che fondano la loro legittimità sui principi dell’ordinamento e trovano il loro corollario nei meccanismi di controllo anche giurisdizionale”.

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