Roma 23 feb. (LaPresse) – La Corte Costituzionale “esercita le sue funzioni, nel ruolo di organo di garanzia, in modo indipendente dalla politica, in conformità alla sua istituzionale posizione di terzietà” e senza sentire il fiato sul collo dai partiti quando deve esprimersi. Il presidente della Consulta nel corso del suo primo incontro con la stampa ci tiene a sottolineare, come in passato hanno fatto i suoi predecessori, l’assoluta indipendenza e trasparenza della Corte che presiede. La Consulta si trova in una “condizione di contiguità, oltre che con le altre istituzioni di garanzia, anche con gli organi costituzionali politici”, che tuttavia, secondo Quaranta, “non esclude affatto l’imparzialità della Corte e dei suoi componenti; imparzialità assicurata, da un lato, dalla rigorosa osservanza del principio di collegialità che caratterizza l’intera attività della Corte, e dall’altro, dalla trasparenza del suo agire”. Ed è da questa premessa che la quinta carica dello Stato parte per rispondere ai giornalisti colpevoli, secondo il suo parere, di aver negli ultimi tempi portato ripetuti “attacchi alla Corte nel suo complesso o ai singoli giudici, nonché alla pubblicazione di ricostruzioni, tra l’atro generalmente inesatte, delle discussioni che si svolgono all’interno della camera di consiglio” in merito alle sentenze sul referendum per la legge elettorale.

Quaranta nel corso della conferenza stampa ha voluto sottolineare che quella di dare risalto ai pareri contrastanti emersi all’interno della camera di consiglio “è una pratica non prevista dal nostro ordinamento giudiziario” e finché le cose non verranno cambiate “rendendo la camera di consiglio ‘aperta’ e le decisioni pubbliche” è necessario “tutelarne e garantirne la riservatezza”. Se il sistema della dissenting opinion “verrà introdotto anche da noi, ben venga”, spiega Quaranta “ma finché questo non avviene il processo di formazione della maggioranza che porta alla definizione del parere del collegio deve essere garantito e le decisioni di ogni singolo membro” non devono uscire dalla camera di consiglio. Per questa ragione “è auspicabile – ha rimarcato Quaranta bacchettando i giornalisti – che gli organi di stampa, la cui funzione è certamente essenziale nell’ordinamento democratico, si basino sempre su dati controllati e verificati, pur nell’esercizio del sacrosanto diritto di critica anche aspra, delle decisioni della Corte, critiche che ben possono essere utili alla Corte stessa per le sue successive valutazioni e decisioni”. Il presidente della Consulta ha voluto precisare che “le decisioni della Corte sono sempre frutto di una valutazione collegiale”, che “nessuno è in condizione di conoscere o predeterminare l’esito di una discussione in camera di consiglio, tanto meno prevederne il contenuto di future decisioni” e che le insinuazioni aventi oggetto la Corte o singoli componenti non hanno avuto e non avranno mai alcuna incidenza sul sereno ed indipendente esercizio della giurisdizione costituzionale”. Entrando nel merito della bocciatura del quesito referendario per cambiare il ‘Porcellum’ e alle critiche ricevute dal palco del Festival di Sanremo da Adriano Celentano, Quaranta ha tagliato corto: “Io non rispondo alle critiche, né la Consulta lo ha mai fatto”, ma “le sentenze vanno lette, dalla loro lettura si ottengono tutte le risposte”, fermo restando che le critiche sono “legittime” e “il diritto di critica giornalistica è sacrosanto, ed è salvaguardia dei valori democratici”. La Corte Costituzionale, sottolinea il presidente “parla con le sentenze” che sono “ampiamente e limpidamente motivate”.

Nel corso della conferenza Quaranta ha voluto inoltre rimarcare come la Consulta non sia solo una “corte dei conflitti” ma anche una “corte dei diritti” e riflettendo sulle prerogative dell’organo che presiede e delle “linee di tendenza giurisdizionale” ha affrontato il tema della garanzia dei diritti fondamentali agli immigrati e non solo, toccando anche il tasto detenuti affermando che la situazione di sovraffollamento delle carceri italiane “è assolutamente inaccettabile” e si auspica “che si provveda a fare di più” perché “non è possibile che in un Paese civile come il nostro ci sia un sistema carcerario che presenta una situazione del genere”. Quanto al tema della riduzione dei tre gradi di giudizio nuovamente sollevato oggi dal vicepresidente del Csm Michele Vietti durante un faccia a faccia radiofonico con il ministro della Giustizia Paola Severino, Quaranta ha glissato: “E’ un problema fuori dalla portata della Corte costituzionale. Sono scelte politiche, che vanno a incidere sulla durata dei processi; occorrerebbe che nelle sedi opportune si facessero accertamenti approfonditi”.

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