Il segretario: "Se tocca a me, anche se sono poche settimane, tocca a me". Minoranza: "Finita l'era di Renzi"

Fischi, colpi di scena e rivendicazioni finali, in quella che risulta essere la prima assemblea nazionale dell'era post Renzi non manca nulla. Alla fine, i Dem decidono di non decidere e rinviano a una prossima assemblea, probabilmente nella prima metà di luglio, la scelta tra un nuovo segretario e il congresso, con Maurizio Martina reggente fino a quella data. Dimissioni di Matteo Renzi date per acquisite, almeno stando al vicepresidente Domenico De Santis.

L'assemblea, cominciata con un'ora e mezzo di ritardo, stabilisce di cambiare l'ordine del giorno e di spostare la discussione su quello che dovrà fare il Pd all'opposizione al futuro Governo. La proposta, messa ai voti da Matteo Orfini, raccoglie i fischi della la platea. Poi però, come da tradizione, tutto rientra. La richiesta passa con 397 voti a favore, 221 contrari e 6 astenuti (i 100 delegati di diritto non possono votare per questioni che riguardano il congresso). A favore si esprimono renziani, franceschiniani e lo stesso Martina con la sua area. Insomma, il compromesso offerto dal segretario dimissionario e rifiutato il giorno prima, l'indomani passa. Votano contro soltanto gli orlandiani e i delegati vicini a Michele Emiliano. Opposti i commenti. Per i renziani, è 'passata la linea Renzi'. Per gli orlandiani: 'Renzi non ha più la maggioranza schiacciante di prima'. E per Areadem di Dario Franceschini 'l'era Renzi è finita' e s'inizia una nuova fase. Insomma, nessuno ha vinto davvero e tutto viene congelato.

I malumori, però, saltano fuori in pausa pranzo a bordo piscina dell'hotel romano dove si tiene la convention. 'A questo punto – dice una delegata – potevano annullare l'assemblea e farci venire direttamente all'altra'.  È il sentimento trasversale fra molti degli 829 Dem. Momenti di tensione anche durante gli interventi in sala. Si va da Olga d'Antona che si sfoga con un 'Renzi sta sfasciando tutto, fermatelo' fino alle contestazioni rivolte dalla platea ai renziani Roberto Giachetti e ad Anna Ascani. Non mancano critiche a Martina da parte del capogruppo Andrea Marcucci che contesta quel 'Se tocca a me, anche per poche settimane, tocca a me' con cui il reggente ha concluso il suo intervento iniziale, con una frecciatina per nulla velata a Renzi. Dopo quattro ore e mezza di assemblea, la relazione del reggente viene messa ai voti. Altro 'dito nell'occhio' per i renziani che fino all'ultimo minacciano di non partecipare. Ma vuoi le parole di Andrea Orlando ("Meglio una conta sui candidati che far mancare il numero legale") o vuoi ragioni di opportunità, alla fine per Martina votano tutti i renziani di prima fascia – pochini quelli rimasti in sala per la verità – da Lorenzo Guerini a Graziano Delrio, Andrea Marcucci, Luca Lotti, Ettore Rosato. I 'favorevoli' sono 294 e 8 gli astenuti. "Hanno voluto un voto che sarebbe stato meglio evitare perché era evidente che sarebbe stato molto basso", è il ragionamento di un maggiorente renziano che non esita a definirlo "un risultato non brillante". Insomma, se alla fine Martina la spunta, non può sperare di evitare anche qualche piccolo malumore. Chiude il sipario Paolo Gentiloni con un tweet: "Ora fiducia in Maurizio Martina".

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata