Tutto ruota intorno all'intervento dell'ex segretario dem in assemblea nazionale dove vengono presi di mira le minoranze e Gentiloni

La 'tregua Martina' non parte nel migliore dei modi. I big del Partito democratico non perdono occasione per azzannarsi tra loro, dopo l'assemblea nazionale che ha dato ai Dem meno di nove mesi di tempo per riorganizzarsi prima delle elezioni Europee.

Tutto ruota intorno all'intervento di Matteo Renzi in assemblea nazionale dove vengono presi di mira tanto le minoranze quanto Paolo Gentiloni. S'inizia con un retroscena attribuito all'ex premier in cui Gentiloni avrebbe tacciato come 'imbarazzante' il discorso di Renzi e si continua con il sindaco Giuseppe Sala – epigono del 'modello Milano' – secondo cui "non sarebbe un bene per il Pd" se Renzi si candidasse di nuovo alla guida del partito, in quanto si "tornerebbe al problema dell'uomo solo al comando". Prima, Nicola Zingaretti aveva criticato l'ex segretario per non saper ascoltare, "grosso limite per un leader". Arriva sui social network la replica del senatore semplice che si dice "pronto al confronto" su tutto – Europa, vitalizi, voucher – purché si parli di politica e non di polemiche alle quali non intende rispondere. Renzi ribalta la prospettiva, pubblica in rete il suo intervento alla plenaria Dem e redarguisce i compagni di partito: "Basta ascoltare". Si dice dispiaciuto per chi "dentro il Pd insiste a polemizzare sempre e comunque" con lui e ribadisce che "prima o poi sarà chiaro anche a quelli che insistono con le divisioni interne e le lotte fratricide che stanno attaccando il Matteo sbagliato". Il nemico, insomma, è la Lega di Salvini, non certo lui.

Intanto però fra i 'big' è lotta di tutti contro tutti. Carlo Calenda continua nei botta e risposta con Andrea Orlando – su twitter – e parla di un partito in "crisi puberale" dal giorno successivo le elezioni politiche del 4 marzo. È impietosa la fotografia scattata al Pd dall'ex ministro dello Sviluppo economico che descrive un partito congelato: "Siamo fermi al 'chi ha sbagliato'. Renzi dice Gentiloni, la minoranza dice Renzi". E profetizza che prima delle Europee ai Dem aspettano almeno sei mesi di discussioni congressuali "totalmente concentrate sull'ombelico di una classe dirigente in scontro perenne" mentre il paese vive una stagione politica drammatica. Anche per Cesare Damiano Renzi è "obsoleto e divisivo". Mentre Orlando punta il dito sui quei dirigenti e militanti che incolpano della sconfitta elettorale le minoranze interne al partito: "Basta fake news".

Un altro esponente della minoranza che fa capo al governatore della Puglia Michele Emiliano, il deputato Francesco Boccia, invoca la fine della "cultura dello scontro tra guelfi e ghibellini" e chiede che Renzi aiuti Martina. Cerca di fare il punto Matteo Orfini che pronostica una discussione né facile né piacevole e ammette errori "individuali e collettivi" che non vanno considerati un attacco personale a questo o quel leader. "È lecito – spiega – discutere gli effetti delle scelte di Renzi, di Orfini, di Cuperlo. Non vedo perché non lo sia se analizziamo le scelte di Gentiloni, di Calenda, di Orlando. Nessuno si deve offendere". Il presidente del Pd rivolge quindi una velata critica proprio all'ex premier e a quel commento sulle parole di Renzi trapelato sui quotidiani, invitando a esprimere le proprie opinioni nelle occasioni di confronto e non "nei retroscena dei giornali". Ciascuno si prepara all'avvio del congresso portando avanti la propria linea all'interno dello stesso calderone.

Lunedì a Milano Dario Franceschini ragionerà sul futuro del Pd insieme Sala, nel weekend l'associazione Libertà Eguale con il costituzionalista Stefano Ceccanti terrà a Orvieto l'assemblea nazionale per discutere del 'dopo 4 marzo'. Mentre il segretario Maurizio Martina vuole rilanciare il partito, cominciando da tre tappe in tre città simbolo: Torino, Pomigliano e Taranto. Alle 18 di lunedì sarà nella città della Mole a presentare l'ultimo libro di Gianni Cuperlo (In viaggio-La sinistra verso nuove terre) insieme all'autore e al deputato Andrea Giorgis.

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