Se la situazione verrà ricomposta e i ribelli torneranno nei ranghi, la sindaca di Torino manifesterà ufficialmente interesse per i Giochi

Come era prevedibile – e sotto un certo aspetto si temeva – anche le Olimpiadi invernali del 2026 si stanno rivelando un boomerang politico per chi avrebbe intenzione di presentare una candidatura.

Non a caso, probabilmente per scongiurare agguati e brutte sorprese, l'ipotesi di Giochi sulle Dolomiti lanciata lunedì dal leghista Luca Zaia, governatore del Veneto, è durata lo spazio di una notte. Arno Kompatscher, presidente della Giunta provinciale di Bolzano, ha annunciato che non lo sfiora neppure l'idea di mettersi in corsa. Con una giustificazione: "Le regole attuali del comitato olimpico non consentono di organizzare Giochi sostenibili", è la pietra tombale su un sogno a cinque cerchi.

Quindi? Quindi restano Milano e, forse, Torino. Sul capoluogo piemontese c'è l'endorsement di Beppe Grillo, ma ci sono pure quattro consiglieri comunali M5s che hanno fatto saltare il banco, consapevoli di accollarsi ripercussioni pesanti. Il rumore assordante dei nemici (Sergio Chiamparino in testa) ha fatto da colonna sonora a una giornata non semplice sotto il profilo della gestione ordinaria di una straordinarietà.

Chiara Appendino, la sindaca, sa che con i Giochi si gioca molto di più di quanto non possa apparire: insomma, non è solo una questione meramente sportiva. Lunedì, per la prima volta da quando si è insediata, cioè quasi due anni tra qualche mese, è venuto a mancare il numero legale e la maggioranza si è spaccata. E' cominciata così una delicata fase di ricucitura per fare in modo che i 'quattro intransigenti' non mettano in atto un secondo strappo. Che, verosimilmente, sarebbe definitivo.

Un esercizio diplomatico affidato ai consiglieri della sindaca, perché una figuraccia avrebbe ricadute rovinose. Tanto, magari tutto, potrebbe accadere domani, alla conclusione del Consiglio metropolitano. Se la situazione verrà ricomposta e i ribelli torneranno nei ranghi, Appendino manifesterà ufficialmente interesse per le Olimpiadi del 2026 e si potrà mettere in funzione una complicatissima macchina organizzativa: quelli di Torino dovranno per forza di cosa essere Giochi a impatto zero sotto il profilo dei costi e dell'ambiente. Il progetto di recupero e riutilizzo delle strutture del 2006, sia in città sia nei siti montani (Sestriere, Sauxe d'Oulx, Pragelato e Bardonecchia), si può sviluppare lungo una direttrice consolidata.

I tagli alle spese dovranno riguardare soprattutto il Comitato organizzatore: il miliardo e duecento milioni di vent'anni fa dovrà essere quasi dimezzato per poter garantire competività economica. Rimane poi la posizione del Coni, segnatamente quella del presidente Giovanni Malagò. Scottato dal dietrofront di Virginia Raggi, il numero uno dello sport italiano ha aperto a qualsiasi candidatura e si è chiuso all'interno di una comprensibile prudenza. Non senza lanciare un monito: il Cio non ha dimenticato Roma 2024. E di sicuro cosa è accaduto lunedì a Torino lo ha reso ancora più diffidente. 

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