Dalla nostra inviata a Bruxelles Nadia Pietrafitta

Bruxelles (Belgio), 5 giu. (LaPresse) – “Piena fiducia” nel lavoro della magistratura e “presunzione di innocenza fino alla sentenza, che ci auguriamo possa arrivare il più velocemente possibile” perché così accade “nei Paesi civili”. Si esaurisce con questa frase di rito, nel rispetto “dei principi costituzionali”, il commento istituzionale “da presidente del Consiglio” di Matteo Renzi ai fatti di corruzione emersi nell’inchiesta sul Mose, a Venezia. Il premier, però, non ignora il “peso politico” dello scandalo e, rispondendo alle domande dei cronisti, si trasforma in poco meno di un minuto nel ‘primo’ cittadino d’Italia. “Ogni volta che vediamo vicende di corruzione l’amarezza è enorme e profonda, perché ti trovi di fronte a chi tradisce la fiducia più grande che c’è, che è quella dei cittadini”, spiega.

Renzi è a Bruxelles per il G7. Ha parlato con i leader mondiali di Europa, Ucraina, Libia, Mediterraneo e affrontato con loro i dossier internazionali che riguardano le politiche di sviluppo e occupazione, la sicurezza energetica, i cambiamenti climatici. A Obama e compagni, il premier italiano ha assicurato ancora una volta che l’Italia farà la sua parte, che contribuirà al processo di riforme e di superamento della crisi. Che volterà pagina. Le notizie che arrivano da Venezia, però, sanno di un ritorno al passato. Come già era successo per Expo. “Ogni volta è un colpo – scandisce – una ferita“. L’aplomb istituzionale è definitivamente messo da parte. “Fosse per me, un politico indagato per corruzione lo indagherei per alto tradimento” perché “chi prende le tangenti tradisce il suo mandato e l’onore sul quale ha giurato”, spiega senza mezzi termini. Il problema della corruzione, aggiunge però con altrettanta chiarezza, “non sono le regole che non ci sono ma quelle che non si rispettano”. Il Governo interverrà “nelle prossime ore e nei prossimi giorni in materia di appalti pubblici – assicura – ma non si può dire tutte le volte che il problema delle tangenti sono le regole”, il problema “sono i ladri”.

“Chi ruba va mandato a casa”, ribadisce riproponendo la misura del “Daspo a vita” dai palazzi che gestiscono la cosa pubblica per i politici corrotti. Il danno alla nuova Italia che il premier sta tentando di costruire – anche agli occhi di Bruxelles da dove sono arrivati diversi richiami sull’argomento – c’è, ma “quando questi fatti emergono – spiega Renzi – paradossalmente, è percepito come un bene da parte delle istituzioni internazionali, perché significa che il controllo c’è”. Ed è per rendere omaggio “ed eterna fiducia” a chi controlla, che il premier scappa al termine della conferenza stampa. “Devo fare presto e tornare a Roma, devo andare alla cerimonia per l’anniversario dei Carabinieri”.

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