Venticinque anni fa la strage di Capaci

"Mi rivolgo particolarmente a voi, ragazzi. Oggi, e per il futuro, le idee, la tensione morale di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo, di Paolo Borsellino, camminano anche sulle vostre gambe: sulle vostre idee, sui vostri comportamenti. Vi auguro di esserne, come oggi, sempre consapevoli". E' questa l'eredità dei due magistrati che Sergio Mattarella, durante le celebrazioni del venticinquesimo anniversario della strage di Capaci e dall'aula bunker dell'Ucciardone, affida ai giovani di tutta Italia. Il ricordo di quei giorni  "drammatici", "cupi" e "così segnati da tanta violenza e tanto dolore" ricorda Mattarella, rimane "pienamente vivido, in Italia e nel mondo. E provoca, tuttora, orrore e coinvolgimento, non soltanto in chi li subì personalmente o in chi li visse da vicino". Ma, ribadisce il capo dello Stato, "la paura e la sfiducia non hanno avuto la prevalenza. La società civile, a partire da quella siciliana, ha acquisito, da quei giorni, una consapevolezza e una capacità di reazione crescenti; e destinate a consolidarsi nel tempo". Perché "la memoria di persone come Falcone e Borsellino continua ad accompagnarci. Il loro sacrificio viene, ovunque, ricordato con commozione; e il senso del loro impegno viene trasmesso e assunto in maniera condivisa, soprattutto da tanti giovani, giorno dopo giorno".

'Palermo chiama Italia' è la manifestazione che anche quest'anno ha visto scendere per le strade del capoluogo siciliano migliaia di giovani che continuano a dire con forza 'no alla mafia'. L'aula bunker che ospitò il maxiprocesso contro i boss più temuti di Cosa nostra, oggi, dopo 25 anni accoglie giovani, studenti, e le personalità più importanti dello Stato.

Mattarella arriva a Palermo per ricordare quel 23 maggio del 1992 quando cinque quintali di tritolo, posizionati in un tunnel scavato sotto la sede stradale nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, uccisero Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e i tre agenti della polizia di Stato della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Nell'aula bunker ci sono anche il presidente del Senato, Pietro Grasso, il ministro dell'Interno, Marco Minniti, il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, la presidente della bicamerale Antimafia. Rosy Bindi. Ma ci sono anche tanti alunni delle scuole primarie e secondarie, molti giunti a bordo della Nave della legalità, partita dal porto di Civitavecchia ieri. La cerimonia è iniziata con l'inno di Mameli, suonato e cantato dagli studenti, con il presidente della Repubblica, che facendo ingresso nell'aula, si è fermato qualche minuto con i ragazzi presenti, ricevendo in dono un calendario sul giudice ucciso dalla mafia realizzato dagli stessi bambini. Mattarella ringraziando gli studenti ha detto: "Lo terrò molto caro, ne avrò cura".

E' questa la location che abbraccia la legalità, una platea a cui Mattarella ricorda: "Le doti di tenacia, di coraggio, di intuizione, di intelligenza, di rigore morale erano presenti" in Giovanni Falcone e Paolo Borsellino "in grande misura". "Ma i loro sono stati comportamenti che ogni persona – ciascuno di noi – può esprimere, compiendo scelte chiare e coerenti". Questo, avverte l'inquilino del Colle  "è un richiamo per tutti, soprattutto per chi assume responsabilità istituzionali". "Quegli uomini, oggi, costituiscono punti di riferimento – prosegue il capo dello Stato – Ma devono essere, soprattutto, esempi. Falcone – che prevedeva che, prima o poi, avrebbero tentato di ucciderlo – ebbe a dire: 'Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali, e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini'". "Prevenzione e repressione, affidate alla Magistratura e alle Forze dell'ordine" restano per Mattarella "in assoluto, il primo elemento di efficace contrasto contro qualunque forma di criminalità organizzata", ma "devono esservi affiancate istituzioni politiche e amministrative trasparenti ed efficienti, che rifiutino, contrastino e denuncino ogni collusione o infiltrazione". Bisogna guardare a quel maxiprocesso, "condotto magistralmente, sulla base delle intuizioni e del lavoro di Giovanni Falcone e che ha costituito una svolta radicale nella guerra dello Stato contro Cosa Nostra" e trarne esempio, dice il capo dello Stato: "Lo stesso impegno, di autentica coralità nazionale, visto nel Maxiprocesso di Palermo, è richiesto anche oggi per fronteggiare le insidie persistenti di una criminalità mafiosa che, seppure colpita, mantiene una grande capacità di trasformarsi e di mimetizzarsi".
 

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