di Alessandra Lemme

Roma, 8 ott. (LaPresse) – “Presento le mie dimissioni. Sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni”. Al termine di una giornata di incontri, barricato in un Campidoglio transennato e vigilato da un cordone agenti di polizia e carabinieri, Ignazio Marino si dimette da sindaco di Roma. Ma non si arrende.

L’ANNUNCIO. Il passo indietro, annunciato con una nota e poi con un videomessaggio pubblicato su Facebook, arriva nel pieno delle polemiche sulle spese di rappresentanza sostenute in 28 mesi di giunta, e dopo l’esplicita richiesta non solo delle opposizioni, ma anche di Sel e buona parte del Partito democratico, a cominciare dal presidente e commissario a Roma, Matteo Orfini. E’ lui che dal Nazareno tiene le fila della vicenda, incontra assessori dimissionari e non, e li rimanda dal primo cittadino, chiuso in Campidoglio, per chiedergli di lasciare.

Mi dimetto. Dal lavoro fatto in questi anni passa il futuro di Roma. Una città che abbiamo liberato dal malaffare e dalla corruzione.

Posted by Ignazio Marino on Giovedì 8 ottobre 2015


“CONTRO DI ME FURIOSA REAZIONE”. Alle 19.30, dopo una giornata di colloqui con gli esponenti di giunta, i consiglieri di maggioranza e i presidenti dei municipi romani (tutti di centrosinistra), Marino comunica le dimissioni, ma si riserva di ripensarci. Lo fa con una nota dal sapore amaro nella quale sottolinea, come già fatto in passato, che il suo impegno contro il malaffare romano è stato all’origine della “furiosa reazione” che a portato all’epilogo di oggi.

“NESSUNA ASTUZIA”. “Ho tutta l’intenzione di battere questo attacco e sono convinto che Roma debba andare avanti nel suo cambiamento – scrive il sindaco -. Ma esiste un problema di condizioni politiche per compiere questo percorso. Queste condizioni oggi mi appaiono assottigliate se non assenti”. Di qui la scelta delle dimissioni, ma “sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni. Non è un’astuzia la mia – prosegue Marino – è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche”.

“TEMO CHE DOPO DI ME TORNI LA MAFIA”. “Non nascondo di nutrire un serio timore che immediatamente tornino a governare le logiche del passato – conclude – quelle della speculazione, degli illeciti interessi privati, del consociativismo e del meccanismo corruttivo-mafioso che purtroppo ha toccato anche parti del Pd e che senza di me avrebbe travolto non solo l’intero Partito democratico ma tutto il Campidoglio”.

LA GIORNATA DI PASSIONE. La giornata di passione del sindaco, dentro e fuori Palazzo Senatorio, inizia presto: alle 12 il primo incontro con gli assessori per valutare il sostegno della giunta. Le riunioni proseguono con i consiglieri di maggioranza e i presidenti dei municipi. A tutti il sindaco chiede sostegno e da quasi tutti arrivano forti perplessità, e in alcuni casi “no” netti. Nel giro di poche ore il vicesindaco Marco Causi, l’assessore ai Trasporti Stefano Esposito, e l’assessore al Turismo, Luigina Di Liegro rassegnano le dimissioni: “Non sussistono più le condizioni per proseguire il lavoro”, fanno sapere. Gli altri assessori chiedono di consultare il Pd, “perché senza il sostegno del Governo è inutile andare avanti”. A metà pomeriggio Causi ed Esposito, insieme a Estella Marino, Marta Leonori e Alfonso Sabella, titolari di Ambiente, Commercio e Legalità, si spostano al Nazareno e dopo un colloquio con Orfini tornano in Campidoglio per sancire la fine della giunta.



LA FOLLA IN PIAZZA DEL CAMPIDOGLIO. Consiglieri e parlamentari di opposizione gremiscono piazza del Campidoglio. Alcuni esponenti del movimento di estrema destra Casapound sventolano bandiere chiedendo a gran voce le dimissioni di Marino. Un gruppo di sostenitori del sindaco risponde al grido di “fascisti”. Una ventina di agenti di polizia tiene tutti a distanza dalla scalinata di accesso a Palazzo Senatorio. Quando arriva la notizia delle dimissioni politici e militanti delle opposizioni festeggiano in piazza con urla di giubilo e bandiere al vento.



SENZA GIUNTA A DUE MESI DAL GIUBILEO. A due mesi dall’inizio del Giubileo, Roma ha tempi strettissimi per realizzare opere che in parte sono ancora da definire. E da questa sera dovrà farlo senza un sindaco e senza una giunta.

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