"Bisogna far lavorare il Parlamento dando i tempi necessari"
"Bisogna far lavorare il Parlamento dando i tempi necessari perché ci sia una discussione approfondita per arrivare a una soluzione condivisa". A Pietro Grasso i tempi contingentati dettati dal Partito democratico e dal suo segretario, proprio non piacciono, e da Torino tenta di frenare il progetto del Nazareno, che vorrebbe la legge elettorale approvata entro luglio a Camera e Senato. Le forzature e le fughe in avanti, secondo il presidente del Senato, non servono e l'Italicum, come le riforme costituzionali, ne sono la prova lampante. Come garante delle istituzioni Grasso invita i dem a dare spazio alla discussione parlamentare senza dettarne da fuori i tempi. A fargli eco, e sorprendentemente, anche Silvio Berlusconi, che dopo l'aut-aut della scorsa settimana, usa toni più concilianti: "Le sfide elettorali decisive sono alle porte. Al più tardi al principio del 2018 finalmente gli italiani potranno di nuovo scegliere da chi vogliono essere governati. Io spero che lo si possa fare il più presto possibile con una legge elettorale condivisa" . Con la garbo, ricordando che il Pd i numeri non li ha soprattutto in Senato, auspicabile che il Pd "comprenda che questa è l'unica strada percorribile, che forzature capaci di alterare la volontà dei cittadini non hanno una maggioranza parlamentare ed allontanano, invece di avvicinarlo, il ritorno alle urne".
Ieri si è arrivati a una mediazione alla Camera, con i Dem che hanno tentato il tutto per tutto per non perdere l'occasione del 29 maggio in aula, ma il 'fare in fretta' non ha trovato l'appoggio sperato. La data ora è il 5 giugno con l'impegno di terminare entro la fine del mese. La tabella di marcia a questo punto potrebbe far saltare i piani su un voto anticipato, ancora si parla di ottobre, a Matteo Renzi. Sì perché con questo slittamento la legge elettorale sarebbe operativa non prima di fine settembre, fermo restando che in Senato il Rosatellum raccolga i numeri necessari per essere approvato. Fonti parlamentari confermano che il segretario Dem non abbia nessuna intenzione di mollare l'idea di andare a votare prima della manovra 'lacrime e sangue', che il parlamento dovrà esaminare da ottobre a dicembre. La prossima settimana si entrerà nel vivo alla Camera con il primo banco di prova da superare: il voto del testo base presentato da Emanuele Fiano. Dalla parte del sistema 'fifty-fifty' riveduto e corretto, Lega Nord e Ala, che insieme ai 21 componenti del Pd dovrebbero portare a casa il risultato. Il vero nodo da sciogliere è il Senato dove carenza di voti ci sono sia in commissione che in aula. Paolo Romani, sostenitore del Rosatellum, viene riferito, continua a mantenere contatti con il Pd e prosegue nell'opera di convincimento dell'ex Cav. Oggi Giovanni Toti dalle pagine del Corriere della Sera contesta "toni e nel metodo" del Pd ma sul Rosatellum apre: "Può essere un buon punto di inizio.
Secondo me va bene anche un semi Mattarellum, un sistema maggioritario mitigato da elementi di proporzionalità". Non è d'accordo Simone Furlan, esponente dell'ufficio di presidenza di Forza Italia: "Consiglio all'amico Giovanni Toti, che sta facendo un eccellente lavoro come presidente della Liguria, di astenersi dal ruolo di leader nazionale dettando perfino la linea sulla legge elettorale. Fughe in avanti, che danno la sensazione di un partito spaccato, servono solo a rafforzare un disegno perverso del Pd che con arroganza vuole imporre il proprio volere". E poi attacca: "Il nostro partito ed il centro destra hanno un leader chiaro e indiscusso che si chiama Silvio Berlusconi, l'unico che ha saputo conquistare milioni di voti e cambiare l'Italia, l'unico titolato a dettare la linea".
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