Roma, 29 apr. (LaPresse) – Il governo incassa la fiducia con 352 sì, mentre i dissidenti nel Pd si fermano al di sotto della soglia dei 40: sono appena 38. E’ il risultato che porta a casa il premier Matteo Renzi, nella giornata che ha segnato il voto sul primo articolo della legge elettorale contestata dalla minoranza del suo partito. Area riformista ha ceduto, e nel primo pomeriggio Matteo Mauri ha annunciato un documento con il quale almeno cinquanta deputati spiegavano che avrebbero votato sì. Rosy Bindi però non ci sta a farsi mettere all’angolo, perché tra i dissidenti ci sono tanti maggiorenti del partito. Oltre a lei e a Gianni Cuperlo, ex presidenti dell’assemblea, gli ex segretari Pier Luigi Bersani e Guglielmo Epifani e l’ex vicesegretario ed ex premier Enrico Letta. “Questo è il caso in cui i voti sono da contare e da pesare”, commenta Bindi. E Cuperlo minaccia: “Dopo lo strappo è difficile immaginare che non ci siano conseguenze sulla vita e sui tempi della legislatura”. Bersani invece sceglie di non commentare. Stefano Fassina spiega di non essere sopreso: “I 50 ‘responsabili’ di Area riformista? Sì, me li aspettavo”, dice.

UN ‘GRAZIE DI CUORE’ DA RENZI A CHI HA VOTATO SI’. A questo punto rilancia il presidente del partito, Matteo Orfini, che rivolge “un appello perché voti la fiducia nelle prossime votazioni anche chi non l’ha fatto questa volta”. Mentre Emanuele Fiano blinda la legislatura: la possibilità di elezioni anticipate dopo l’approvazione dell’Italicum “è assolutamente esclusa, noi vogliamo che la legislatura duri fino al 2018”, dice. Renzi, che aveva aperto la giornata con una lettera a La Stampa e una e-news, la sua newsletter (anticipata ai cronisti ma non ancora pubblicata sul suo blog), chiarendo ancora una volta di essere “qui per cambiare l’Italia” e di non avere intenzione di fermarsi, in serata si fa vivo su Twitter: “Grazie di cuore ai deputati che hanno votato la prima fiducia”, dice lasciando intendere così di aver apprezzato la scelta di Area riformista. Con la scelta in zona Cesarini dei ‘responsabili’, alla fine della giornata i duri del Pd sembrano essere diventati minoranza anche dentro la minoranza stessa del partito. Mentre Sel, che si è presentata al voto con la fascia nera al braccio, a fine seduta legge in aula lugubremente, per bocca di Arcangelo Sannicandro, i nomi dei “dieci crumiri” che hanno preso il posto dei colleghi dissidenti nella commissione Affari costituzionali, “perché ne resti imperitura memoria”.

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