Polemica sulla presentazione della potenziale squadra di governo M5s al Quirinale

La comunicazione di Luigi Di Maio si muove su di un doppio binario. Tutto esterno, da un lato, cioè rivolto agli elettori e agli avversari politici. E istituzionale, dall'altro, verso il Colle. Ci sono ancora strascichi, infatti, della recente visita del candidato premier al Quirinale, per annunciare la presentazione della potenziale squadra di governo a guida M5S.

E, anche se il leader Cinquestelle liquida le polemiche dei giornali "rosiconi", si premura però di far arrivare il messaggio forte e chiaro al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. "Io – spiega in un lungo intervento televisivo – ho chiesto un incontro di cortesia con il segretario generale, Ugo Zampetti, per avvisare il Quirinale che questa settimana avrei presentato la nostra proposta di squadra di ministri per un governo del Paese. Non sono andato al Colle con la lista dei ministri, non mi aspetto assolutamente che il Presidente della Repubblica possa dire sì o no in questa fase, non mi permetterei mai di strumentalizzarlo. Tra l'altro, se il Presidente è irritato o meno (come scrive il Corriere ndr), lo deve dire il Presidente, non i giornali. Credo che il Presidente della Repubblica abbia altro a cui pensare che a Luigi Di Maio". Quindi ribadisce come la sua sia stata "un'azione di cortesia" per "informare il Quirinale di una cosa che credo sia giusta" perché, sottolinea, "ci sono dei passaggi a volte informali da fare che aiutano a distendere il clima e a evitare attriti".

Che la lista dei ministri messa a punto da Di Maio non abbia puramente "il valore di un esercizio di stile", come sostiene invece il deputato di Forza Italia Francesco Paolo Sisto, lo dimostra il primo nome snocciolato ieri da Di Maio, vale a dire quello del generale dei carabinieri Sergio Costa che contribuì a scoperchiare il caso della Terra dei Fuochi in Campania. Tre i dicasteri dell'ipotetico governo Cinquestelle affidati alle donne: Interno, Difesa ed Esteri. I nomi della squadra al completo si conosceranno però soltanto il primo marzo in un evento a Roma al Salone delle Fontane, prima del "gran finale" in piazza del Popolo venerdì 2 marzo con Alessandro Di Battista, Beppe Grillo, Davide Casaleggio, Virginia Raggi, Roberta Lombardi.

Di Maio sbarra poi la strada alle ipotesi, fatte circolare in questi giorni, di un'apertura a Pd e LeU o al Carroccio. "Al momento non si parla né di sinistra né di Lega", chiarisce il suo staff. E il leader mette in chiaro: "Alleanza con il Pd? Non sia mai. Non ho mai parlato di alleanze".

L'idea invece è un'altra: è quella di un contratto di coalizione alla tedesca sul programma dei lavori, come annunciato venerdì sera dallo stesso vicepresidente della Camera che 'non si fida' degli altri partiti. "Se vogliono parlare, siamo noi a dare le carte – chiarisce -. Niente scambi di poltrone, ma un contratto davanti agli italiani in cui si dice che noi vogliamo il taglio degli stipendi, quello dei vitalizi, il vincolo di mandato e un aiuto a tutte le famiglie che fanno figli". Il capo politico dei Cinquestelle propone di mettere i temi per "iscritto" e di realizzare queste proposte "per 5 anni".

La prospettiva è quella del 'preincarico' che, se il M5S fosse il primo partito dopo le elezioni del 4 marzo, il presidente Mattarella potrebbe affidare a Di Maio. A quel punto però il leader pentastellato dovrebbe trovare una maggioranza.

Il modello che ha in mente prevede appunto "una convergenza" sui temi, anche perché l'alternativa è chiara: "Alla prossima legislatura o parlano con noi oppure si torna a votare", dice Di Maio. Su questo binario si muove l'altro canale comunicativo del leader che, sul blog, rivolge un appello a tutti gli elettori per convincere gli indecisi perché, in diversi collegi, "sarà testa a testa con Berlusconi".

Percentuali alla mano, Di Maio invita di fatto al voto utile: la preferenza al Partito democratico è "sprecata", sostiene, il Pd di Matteo Renzi "è sotto il 20%" quindi il testa a testa sarà tra Cinquestelle e centrodestra.
 

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