Rallenta l'iter del 'decreto Salvini' in Senato: ancora da sciogliere la riserva

Rallenta in Senato l'iter del decreto Sicurezza. Per frenare sulla fiducia scende in campo lo stesso Giuseppe Conte. Da Algeri il premier corregge la rotta che sembrava già tracciata e assicura che il Governo scioglierà la riserva sulla fiducia soltanto martedì mattina. Un segnale alla Lega che vorrebbe passare subito all'incasso, ma anche la cartina di tornasole del disagio interno al M5S per un provvedimento "ostico a tutti i Cinquestelle" (cit. Paola Nugnes). Il relatore sospende alle quattro e mezzo del pomeriggio la seduta, che sarebbe dovuta andare in notturna, per fare i dovuti "approfondimenti". Una sospensione inattesa, dato che dal primo pomeriggio il ministro Riccardo Fraccaro era stato visto aggirarsi nei corridoi del Senato e tutti si sarebbero aspettati la fiducia.

"La maggioranza non è d'accordo sul testo", gridano le opposizioni. E il Pd vede nell'allungamento dei tempi la necessità di perfezionare il "mercato delle vacche" (cit. Andrea Marcucci) tra i due contraenti del Governo. In particolare, il M5S ha a cuore il disegno di legge Anticorruzione con la norma sulla prescrizione e potrebbe avere interesse a far slittare il via libera a quello che è già stato ribattezzato 'decreto Salvini' finché non riceve dall'alleato rassicurazioni sulla riforma della giustizia.

La fiducia è caldeggiata anche dai Cinquestelle che temono i voti segreti (una settantina quelli richiesti dal Pd) e l'aumento di pareri contrari all'interno del Movimento. In caso di fiducia, i voti segreti cadrebbero e il Governo presenterebbe un maxiemendamento, inclusivo delle modifiche apportate in commissione. Butta acqua sul fuoco il vicepremier Luigi Di Maio. Da Shanghai fa sapere che si tratta di un 'caso di scuola' in in cui, "se ci sono delle opinioni contrastanti nella maggioranza, il Governo fa una ricognizione del consenso parlamentare".

A ogni modo, il governo non dovrebbe avere problemi di numeri. Anche in caso di voto di fiducia, è sufficiente la maggioranza dei presenti e l'astensione a Palazzo Madama non equivale più a voto contrario. M5S e Lega hanno sei voti in più rispetto alla maggioranza assoluta, mentre i dissidenti sono quattro, dei quali almeno tre usciranno dall'aula, abbassando di fatto il quorum. Ragionamento analogo a quello che potrebbe fare Fdi, favorevole al provvedimento ma contraria alla fiducia. Se mai Fratelli d'Italia dovesse votare la fiducia, si tratterebbe probabilmente di voti 'aggiuntivi' e non necessari per la maggioranza. Insomma, un altro 'caso Ala'. Stesso discorso per Forza Italia: contraria alla fiducia ma non al decreto. Pd e LeU voteranno contro e i Dem promettono battaglia in aula in caso di fiducia.

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