La maggioranza regge un'altra volta. I dissidenti M5s non si sono sentiti. Fi si riserva di decidere in aula

Tanto rumore per nulla. La maggioranza un’altra volta ha retto, a scapito forse del M5S. Esulta Matteo Salvini: “Nessuna polemica, siamo compatti”. In commissione Affari costituzionali del Senato il decreto Sicurezza è stato approvato con mandato al relatore e arriverà puntuale in aula lunedì mattina alle 9,30. Anche i ‘dissidenti’ M5S non si sono sentiti. Per la verità, non si sono neppure visti. A parte la senatrice Paola Nugnes, comparsa alla fine dell’esame del provvedimento, il comandante Gregorio De Falco non ha partecipato alla seduta.

Soddisfazione da entrambi i sottosegretari all’Interno Carlo Sibilia (m5S) e Nicola Molteni (Lega). Per Molteni “la maggioranza ha votato compatta ogni singolo emendamento, nessun voto in dissenso”. E sull’ipotesi di fiducia si schiera dietro un “saranno fatte le valutazioni necessarie”.

Sibillina la Cinquestelle Nugnes che farà le proprie “valutazioni finali in aula”. Un po’ come la capogruppo di segno opposto Anna Maria Bernini (Fi) che dopo aver criticato fortemente il testo, su cui pure gli azzurri hanno un atteggiamento di apertura, ha annunciato che Forza Italia aspetterà il testo in aula per decidere sul voto finale (intanto si è astenuta sul voto in commissione).

Bernini si è detta delusa soprattutto dal fatto che nel decreto tanto sponsorizzato da Matteo Salvini di fatto manchino i fondi per le forze dell’ordine. “Prima dicevano 3 miliardi, poi uno e ora sembra ci sia appena mezzo milione: basta ringraziamenti di prammatica, passiamo ai fatti”, sferza l’alleato di coalizione. E lo stesso Molteni ammette che i fondi nel dl Sicurezza non ci sono, ma nella legge di Bilancio ci saranno 300 milioni per le assunzioni in polizia. Tutto rinviato alla manovra, insomma.

C’è poi un’altra nota dolente. Stando a quanto sostengono Pd e LeU ci sarebbero delle incertezze sulle coperture finanziarie del decreto. Per questa e altre ragioni i senatori di centrosinistra hanno abbandonato i lavori delle commissioni Bilancio e Affari costituzionali. Secondo Fdi ci sarebbero stati dei pareri troppo “discrezionali” da parte della Bilancio.

I PUNTI DEL DECRETO. Per usare le parole del sottosegretario Molteni “questo è un decreto rivoluzionario sul fronte del rimpatrio e delle espulsioni”. Nuovi Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) dove i migranti saranno trattenuti fino a 18 mesi, nuovi fondi per i rimpatri, Sprar limitato ai minorenni e 10 nuove commissioni temporanee per lo smaltimento di 115mila domande di asilo sono soltanto alcune delle misure raccolte nel testo che andrà in aula. Tra gli emendamenti approvati in commissione, quello restrittivo sulla domanda reiterata di protezione internazionale. Il decreto prevede poi altri capitoli come quello sui beni confiscati alla mafia. Non saranno più obbligatori i tavoli con prefettura, sindacati e aziende per decidere del futuro delle imprese confiscate alla mafia. La scelta spetterà infatti al prefetto. E i beni confiscati si potranno anche vendere.

ITER DECRETO. Il provvedimento arriverà in aula a Palazzo Madama lunedì, come previsto. Il Pd ha presentato oltre 70 richieste di voto segreto per mettere in difficoltà la maggioranza che, però, potrebbe contare sui voti tanto di Fdi quanto di Fi, critiche ma non contrarie in linea di principio. Sulla fiducia Molteni sostiene che “saranno fatte le dovute valutazioni”. Intanto davanti alla commissione è passato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro che ha sfiorato i commissari senza però fermarsi. Soltanto un caso?

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