Per adesso, formalmente, di uguale a prima c'è solo Luigi di Maio accoccolato sugli scranni del governo alla sinistra del padre ('p' minuscola), Giuseppe Conte, lo stesso posto occupato come vicepremier nel precedente esecutivo. Ma quella dislocazione (strategica?), unita alla faccia imperturbabile e algida del leader grillino, potrebbero essere l'unico punto di contatto tra cosa è stato negli ultimi 14 mesi e cosa potrebbe essere di qui alla fine della legislatura. Perché questo governo – nato in capo non al voto popolare ma a un mix di interessi incrociati – si propone di durare a lungo e di essere profondamente diverso da quello precedente. Sul come e il quanto si potrà discutere, anche se è politicamente corretto lasciare che premier, ministri, sottosegretari e commissioni si mettano al lavoro. La voglia di cambiamento e la necessità di rescindere il cordone ombelicale dall'esecutivo gialloverde sono state evidenze grandi e grosse. Nel suo discorso, Conte ha promesso un lessico meno acido e un uso dei social più sobrio, in maniera che qualsiasi riferimento a Matteo Salvini – protestante al piano di sotto, cioè in piazza Montecitorio – fosse puramente voluto. Citando Giuseppe Saragat, ha parlato di "Repubblica dal volto umano", quasi a sottolineare il desiderio di un ritorno alla normale normalità del passato. Eppure è il Nuovo che avanza. Nuovo sarà il modo di porsi, nuova sarà la narrazione di quanto farà il governo e del modo in cui lo farà, nuova sarà la "stagione riformatrice", nuovo sarà il ricollocamento dei migranti e le relazioni con l'Europa. La Ue che dovrà garantire maggiore flessibilità sul fronte economico-finanziario magari con un (nuovo) patto di stabilità e dovrà varare al più presto un (nuovo) meccanismo per l'accoglienza dei migranti. Il nodo della gestione degli sbarchi è altamente pericoloso. Conte, M5S e Pd lo sanno bene. Per questa ragione, il presidente del Consiglio si è impegnato a rivisitare il decreto sicurezza (che, tra l'altro, è maldigerito pure dal Quirinale) ma si aspetta qualcosa in cambio. In fondo, per questo Governo del nuovo le prime grane sono vecchie: i migranti, appunto, e la legge di stabilità. Citiamo Conte: "Sono molte le sfide che ci attendono, a partire dalla prossima sessione di bilancio che dovrà indirizzare il Paese verso una solida prospettiva di crescita e di sviluppo sostenibile, pur in un quadro macroeconomico internazionale caratterizzato da profonda incertezza". Liofilizzando il concetto: sterilizzare l'aumento dell'Iva e avviare un alleggerimento del cuneo fiscale. Buoni propositi, come i provvedimenti per scuola e famiglia, per un'Italia più 'smart' e per la cura del 'green', per il salario minimo e per la valorizzazione del turismo. Onestamente niente di nuovo per davvero; onestamente qualcosa di già sentito e risentito. La differenza, stavolta, starà/starebbe nel riuscire a farlo. Tutto mentre Salvini e Meloni, in piazza, urlavano ai "poltronari".

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