Milano, 18 lug. (LaPresse) – Silvio Berlusconi è stato assolto. La corte di Appello di Milano ha pronunciato sentenza di assoluzione dell’ex premier accusato di conussione e prostituzione minorile.

I giudici della Seconda corte d’Appello di Milano hanno assolto Silvio Berlusconi, a processo per il caso Ruby, dall’accusa di concussione perchè il fatto non sussiste e dall’accusa di prostituzione minorile perchè “il fatto non costituisce reato”. Il collegio presieduto da Enrico Tranfa ha quindi emesso una sentenza che va nel senso opposto rispetto alla condanna a 7 anni e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici inflitta all’ex premier nel processo di primo grado dal collegio presieduto da Giulia Turri il 24 giugno 2013. Le motivazioni sono attese entro 90 giorni.

I giudici della II Sezione della Corte d’Appello di Milano si sono ritirati in camera di consiglio per decidere la sentenza di secondo grado sul caso Ruby a carico di Silvio Berlusconi. La sentenza è stata pronuncia alle 13. In primo grado il leader di Forza Italia era stato condannato a 7 anni.

All’inizio dell’udienza il pg Piero De Petris ha preso la parola per una breve replica sulla questione dell’acquisizione dei tabulati telefonici. Il pg ha precisato che la sentenza 24 del 2006 della Corte europea di giustizia, citata dall’avvocato Filippo Dinacci, che con il collega Franco Coppi difende Silvio Berlusconi, prevede un bilanciamento tra l’acquisizione delle intercettazioni per esigenze legate alle indagini con il diritto alla privacy ma questa garanzia, a suo avviso, contrariamente a quanto la difesa ha rilevato nella scorsa udienza, viene pienamente osservata dal diritto italiano. “Nel nostro ordinamento – ha spiegato De Petris – c’è il bilanciamento richiesto dalla normativa europea e non c’è in alcun modo la possibilità di sospettare la questione della inutilizzabilità delle intercettazioni”.

Per l’avvocato Dinacci, invece, la Corte europea prevede i “requisiti di acquisizione” delle intercettazioni e stabilisce “i principi minimi di legittimità di acquisizione dei tabulati”, che non sarebbero stati rispettati dalla Procura di Milano. I giudici della seconda Corte d’Appello di Milano si sono poi ritirati in camera di consiglio per emettere la sentenza.

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