Intervista all'esponente Pd: "Un tema troppo delicato per affrontarlo con singole trattative. Non sono trattati internazionali e il Parlamento deve poter entrare nel merito". Il tema del gettito fiscale e della gestione del residuo, prima o poi, si pone ed è molto rischioso"

Sul tema delle autonomie differenziate abbiamo sentito l'on. Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd.

La questione del passaggio di materie e poteri dallo Stato alle regioni che chiedono le "autonomie differenziate" sta diventando molto calda.. Quali problemi emergono? E' giusto affidare tutte le 23 materie (chieste da Lombardia e Veneto) alla competenza regionale? O ci sono questioni che sarebbe meglio restassero centralizzate?
"
Il problema di fondo è che queste cose non possono essere affrontate con singole trattative separate tra le varie Regioni e il Governo perché si rischia di produrre esiti incoerenti: in base a che cosa si concede una competenza a una Regione e non a un'altra? Non basta che siano richieste, occorre che la risposta abbia senso con una logica complessiva. E' difficile che questa si produca in assenza di un Senato della autonomie. Non caso il regionalismo asimmetrico in Spagna non ha affatto attenuato i conflitti proprio perché anche lì manca questa sede qualificante. Se non si vuole attendere una riforma di questo tipo bisognerebbe trovare comunque un altro percorso che responsabilizzi tutte le Regioni, non solo quelle che hanno fatto la richiesta, e l'intero Parlamento, non solo il Governo. Perché ad oggi, è bene chiarirlo, l'unica cosa nota e pubblica sono le richieste dell Regioni, tutto il resto è oscuro"..

La questione delle risorse. La ministra Stefani ha detto che il principio del "costo storico" impedisce a una Regione di ritagliarsi uno spazio finanziario più ampio. E' vero? O dopo qualche anno, comunque accadrà e arriveremo alle regioni (e, quindi, alle popolazioni) di serie A e di serie B? D'altra parte, che senso avrebbe per le regioni interessate chiedere le competenze senza averne anche un vantaggio in termini di risorse?
"
E’ ovvio che se si trasferiscono funzioni si trasferiscono anche risorse. Il problema è però in base a quali parametri lo si fa. Il parametro a regime non possono che essere i fabbisogni standard, che si costruiscono a partire dalla popolazione residente e dalla necessità di attribuire a tutti i medesimi livelli essenziali delle prestazioni. A me sembra problematico utilizzare anche per una fase transitoria i costi storici, ma comunque il problema è a regime perché qua e là si ripropone in forme diverse il criterio del gettito fiscale, del residuo fiscale, come se a pagare le tasse fossero i territori e non le persone: quello sarebbe un criterio di tipo confederale-secessionistico".

Sembra che, comunque, già così ci sarebbero problemi e resistenze "centrali" per almeno 11 dei 21 miliardi interessati dai trasferimenti in caso di passaggi di poteri. E' così? E, se sì, perchè? 
"E'' chiaro che esiste un problema per i ministeri, alcuni dei quali potrebbero essere svuotati o destinati a gestire solo regioni per così dire difficili. In linea generale va valutato bene con parametri oggettivi se le Regioni potrebbero effettivamente gestire meglio: cosa possibile ma non automatica". 

Ma già nella prima fase, è possibile che ci siano ripercussioni dal punto di vista, ad esempio, dei contratti di lavoro della scuola o della sanità? 
"Questo va chiesto specificamente agli esperti di ciascuna area di policy. Ma la domanda suggerisce forse anche un metodo: che le intese dovrebbero forse avvenire tema per tema

Sembra che stia diventando centrale anche la modalità di approvazione delle intese che saranno recepite in ddl che avranno un iter rinforzato. Ma è vero che andranno maneggiati dal Parlamento come trattati internazionali e, quindi, potranno essere approvati o bocciati, ma non cambiati? E, se sì, ritiene che sia giusto o che ci possa/debba essere un'altra strada? 
"
Il paragone coi trattati internazionali non è accettabile: quelli sono Stati sovrani. L'articolo 116 ci dice solo una cosa: che alla conclusione le norme che entrano in vigore debbono avere il doppio consenso, di Regione e Stato. Questo però non significa che nel percorso il Parlamento possa solo dire solo Sì o No. La volontà dello Stato, nell'interlocuzione con la Regione, può essere fatta valere anche dal Parlamento e non solo dal Governo. Se si assume questo principio, come è necessario, poi le procedure si trovano".

Ci sono altre questioni che la preoccupano su questa delicata materia? 
"
Vorrei aggiungere solo un dato: sia per quanto riguarda un'importante attuazione della Costituzione sia per quanto riguarda le sue riforme l'attuale maggioranza procede per singole iniziative. Si è quindi superato il metodo più organico della scorsa legislatura che alla fine aveva dato esito negativo. Come tutte le scelte di metodo in ognuna ci sono sempre dei pro e dei contro: in questo caso evidentemente quello di produrre esiti incoerenti, magari dovuti solo a parametri di vicinanza politica tra una certa Regione e il Governo pro tempore. Per questo va anzitutto trovato un metodo trasparente che coinvolga tutte le Regioni e l'intero Parlamento e non volta per volta ogni Regione e il solo Govenro".

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata