Roma, 22 dic. (LaPresse) – La Tunisia ha scelto. Il leader del partito Nidaa Tounes, Beji Caid Essebsi, ha vinto il ballottaggio delle elezioni presidenziali in Tunisia con il 55,68% dei voti, mentre il presidente uscente Moncef Marzouki si è fermato al 44,32%. È quanto emerge dai risultati preliminari diffusi dall’Isie (Instance supérieure indépendante pour les élections), l’ente indipendente incaricato di organizzare le elezioni.

Il leader di Nidaa Tounes, Beji Caid Essebsi, è dunque il primo presidente democraticamente eletto della Tunisia. Il suo staff aveva dichiarato la vittoria subito dopo la chiusura dei seggi ma lo sfidante, il presidente uscente Moncef Marzouki aveva invitato alla prudenza parlando di un testa a testa e denuncia irregolarità.

“Io voglio essere il presidente di tutti i tunisini. La Primavera araba è un’altra cosa. Questo Paese ha fatto una rivoluzione tunisina, non araba” e “noi non esportiamo rivoluzioni”, ha detto in un’intervista al Corriere della Sera il leader di Nidaa Tounes, che si è proclamato vincitore delle presidenziali di ieri in Tunisia e che gli exit poll danno in testa rispetto al presidente uscente Moncef Marzouki. “Non guiderò il Paese da dittatore, ma da cittadino fra i cittadini. Credete che alla mia età voglia prendermi tutto?”, ha detto rispondendo a chi solleva timori di ritorno della concentrazione dei poteri nelle mani di un solo partito dal momento che Nidaa Tounes, se la vittoria di Essebsi venisse confermata, guiderebbe sia il governo che la presidenza. Il politico ricorda i legami profondi con l’Italia: “Siete i nostri vicini più vicini. Voi ci capite e noi vi capiamo. Lo sa che i miei avi venivano dalla Sardegna? Continueremo a incoraggiare le aziende italiane perché delocalizzino qui”.

Poi qualche dichiarazione sulle nuove sfide che adesso la Tunisia dovrà affrontare, cioè la formazione del nuovo governo e il terrorismo. A proposito del governo Essebsi dice di non sapere se Nidaa Tounes farà una coalizione con Ennahda, che prima delle elezioni aveva sempre escluso. “Il terrorismo è una sfida. Cercheremo la verità sugli esponenti politici uccisi negli ultimi due anni, il silenzio sulle loro morti è un’umiliazione per il nostro popolo”, dice riferendosi agli omicidi del 2013 dei due leader d’opposizione Chokri Belaid e Mohamed Brahmi. E poi aggiunge: “La Libia è un problema enorme” e “forse, è pensabile un’azione regionale con Algeria, Mali, Niger, Egitto. Ma non possono esserci forze militari straniere, solo un intervento politico che preme a tutti, Italia compresa”.

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