Nairobi (Kenya), 3 feb. (LaPresse) – Le Nazioni unite hanno dichiarato che non sussistono più condizioni di carestia in Somalia, ma hanno comunque messo in guardia che, a causa della siccità nel Corno d’Africa, la fame rimane una grave minaccia se non verranno prese misure per ristabilire la sicurezza alimentare. Secondo l’ultimo rapporto congiunto condotto dall’Unità di valutazione della sicurezza alimentare e della nutrizione della Fao (Fsnau) e dal Sistema d’allerta rapida sulla carestia (Fews Net) dell’Usaid (l’Agenzia Usa per lo sviluppo internazionale), il numero delle persone che necessitano di assistenza umanitaria d’emergenza è calato da 4 milioni a 2,34 milioni, il 31% della popolazione. Al culmine della crisi erano a rischio della vita più di 750mila persone.

“Le ragioni principali di questo miglioramento sono state l’arrivo delle piogge a lungo attese insieme alla massiccia distribuzione di fattori produttivi agricoli e alla grande risposta umanitaria degli ultimi sei mesi”, ha affermato il nuovo direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, nel corso di una conferenza stampa tenuta a Nairobi dopo aver visitato il sud della Somalia. “Ma la crisi – ha aggiunto Graziano da Silva – non è ancora terminata. Si potrà risolverla solo se non verranno meno le piogge e continueranno gli interventi coordinati e di lungo periodo in grado di ricostituire la capacità della popolazione locale di rispondere alle emergenze, e si riuscirà a collegare le azioni di soccorso d’emergenza allo sviluppo duraturo. Non possiamo evitare i periodi di siccità, ma possiamo prendere misure per evitare che si trasformino in periodi di carestia. Abbiamo tre mesi sino alla prossima stagione delle piogge”.

Graziano da Silva ha annunciato, inoltre, che la Fao incrementerà il suo attuale impegno nel Corno d’Africa, sottolineando che l’agricoltura è un fattore chiave per raggiungere la pace e la stabilità nella regione. Secondo il rapporto congiunto l’arrivo delle piogge tra ottobre e dicembre 2011 insieme agli interventi umanitari e all’assistenza agricola hanno consentito ai piccoli contadini di produrre e di comprare più cibo. Come parte della sua risposta d’emergenza, la Fao ha distribuito sementi e fertilizzanti ai contadini. Nella regione di Bay e Shabelle grazie alle piogge e ai fattori produttivi forniti dalla Fao e da altre agenzie, essi sono stati in grado di raddoppiare la produzione di mais e di sorgo ottenendo il miglior raccolto mai fatto da anni. La Fao ha anche provveduto alla riabilitazione di 594 chilometri di canali irrigui e curato 2,6 milioni capi di bestiame a rischio di malattie e infezioni associate alla siccità.

Negli ultimi sei mesi la Fao, l’Unicef, il Pam e ong internazionali hanno anche promosso programmi di ‘cash-for-work’ e di voucher alimentari, piuttosto che fare affidamento solamente sulla distribuzione di cibo e di input produttivi. Il denaro ha consentito alle famiglie di comprare cibo localmente e rimanere nelle zone dove vivevano, riuscendo al tempo stesso a stimolare la ripresa economica e ad aiutare a risanare le infrastrutture locali per l’agricoltura e per l’allevamento d bestiame. L’insieme degli interventi agricoli ed umanitari ha contribuito a una notevole diminuzione dei prezzi locali dei cereali nella maggior parte delle zone vulnerabili del sud del Paese, facendo migliorare il potere d’acquisto delle famiglie povere. Nelle zone di produzione del sorgo, per esempio, tra luglio e dicembre 2011 la quantità di cereali che la gente era in grado di comprare con un giorno di lavoro è aumentata da quattro a 14 chilogrammi.

Tuttavia, spiega ancora la Fao, sebbene di molto aumentato, l’ultimo raccolto era di cereali secondari che rappresentano solo il 10% del fabbisogno annuale, per cui le giacenze dureranno solo fino alla prossima stagione seminativa che comincia tra aprile e giugno. Il rapporto ha messo in guardia sul fatto che restano ancora a rischio di vita circa 325mila bambini somali gravemente malnutriti. La crisi in corso continua a gravare sull’intera regione del Corno d’Africa, con 9,5 milioni di persone che necessitano di assistenza d’emergenza in Somalia, Kenya, Etiopia, Gibuti, 3,5 milioni in meno rispetto ai 13 milioni al culmine della crisi. Il direttore generale della Fao ha sollecitato un rinnovato impegnato da parte di tutta la comunità internazionale coinvolta: governi, organismi regionali come l’Unione africana e l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), settore privato e organizzazioni della società civile, ma anche la stessa popolazione della regione. Ha inoltre impegnato la Fao a lavorare nell’ambito delle iniziative esistenti come il Programma globale per lo sviluppo agricolo africano (Caadp). Accompagnato dal presidente della Commissione sulla sicurezza alimentare mondiale, ambasciatore Yaya Olaniran, e da dirigenti Fao, il direttore generale ha visitato il villaggio di Dollow, nella regione somala di Gedo, per valutare di persona la situazione e vedere il lavoro svolto dalla Fao e dai suoi partner.

“A Dollow ho avuto la rara opportunità di incontrare contadini e pastori somali. Ed ho potuto toccare con la mano l’impatto che possiamo avere sulle loro vite, e quello che è più importante, ho visto cosa possono fare per se stessi se ricevono un sostegno appropriato al momento giusto”, ha affermato Graziano da Silva. Nel 2009-2010 nella regione di Gedo la Fao ha dato assistenza a circa 1.500 famiglie contadine e a circa 35mila famiglie di pastori. Questi interventi hanno consentito loro di far fronte alla recente carestia senza dover ricorrere all’assistenza esterna poiché erano in grado di produrre e vendere i propri prodotti.

“Il Corno d’Africa rimane la regione più importante per le attività della Fao e faremo del nostro meglio per migliorarne la sicurezza alimentare”, ha riferito da Silva, aggiungendo che “crediamo davvero sia possibile avere un Corno d’Africa libero dalla fame”. Secondo il governo britannico, le vittime della carestia in Africa vanno dalle 50mila alle 100mila, di cui la maggior parte bambini. Kenya, Etiopia e Gibuti sono stati tutti gravemente colpiti dalla crisi, ma la carestia ha danneggiato soprattutto le aree somale già attanagliate da siccità, guerra, alti prezzi degli alimentari e tasse introdotte da gruppi armati.

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