Città del Vaticano, 2 set. (LaPresse) – “La via di soluzione dei problemi della Siria non può essere quella dell’intervento armato” perché “la situazione di violenza non ne verrebbe diminuita. C’è, anzi, il rischio che deflagri e si estenda ad altri Paesi”. Così il segretario del Pontificio Consiglio ‘Giustizia e Pace’, monsignor Mario Toso, in un’intervista a Radio vaticana. “Il conflitto in Siria contiene tutti gli ingredienti per esplodere in una guerra di dimensioni mondiali e, in ogni caso, nessuno uscirebbe indenne da un conflitto o da un’esperienza di violenza”, ha affermato Toso. “Come ha fatto intendere Papa Francesco occorre essere angosciati per i drammatici sviluppi che si prospettano, alla luce di come si stanno muovendo i grandi della terra”, ha detto, dichiarando inoltre che “l’alternativa non può essere che quella della ragionevolezza, delle iniziative basate sul dialogo e sul negoziato”. Poi ha prosesguito: “Occorre cambiare strada occorre imboccare senza indugio la via dell’incontro e del dialogo, che sono possibili sulla base del rispetto reciproco, dell’amore”.

“Al potere ideologico della violenza che annienta l’avversario – prosegue monsignor Toso – va sostituito il potere dell’amore che sollecita alla cura di ciò che è comune. Il vero potere è l’amore, che implica una passione per il bene degli altri, come suole dire Papa Francesco”. All’indomani dell’annuncio del Santo Padre di una giornata di digiuno e preghiera per la pace in Siria e nel mondo, il segretario del Pontificio Consiglio ‘Giustizia e Pace’ spiega il pensiero di Bergoglio: “Il Pontefice si fa interprete del grido che sale da ogni parte, dal cuore di ognuno, dall’unica grande famiglia che è l’umanità. Si tratta di un sussulto universale della coscienza della gente, dei popoli”. Riguardo all’espressione del Papa di ieri, “La guerra chiama guerra”, monsignor Toso chiarisce che nell’Angelus è stata pronunciata “la ferma condanna di una guerra che è condotta con l’uso indiscriminato delle armi e colpisce in primo luogo la popolazione civile ed inerme”. “La guerra – argomenta il presule – chiama guerra anche perché intrappola i popoli in una spirale mortale: porta in sé una visione distorta del potere inteso come sopraffazione e dominio e, inoltre, accentua il pregiudizio che tutti cercano di distruggere gli altri”. Inoltre “la guerra – conclude – non finisce mai e le ragioni della giustizia sono disattese”.

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