Beirut (Libano), 2 gen. (LaPresse/AP) – Oltre 60mila persone sono state uccise in Siria dall’inizio del conflitto a marzo del 2011. Lo fa sapere l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i diritti umani, spiegando che la stima si basa su nuove analisi. Gli esperti, riferisce l’Onu, hanno paragonato gli elenchi delle vittime forniti da sette fonti differenti, compreso il governo di Damasco, e hanno compilato una lista di 59.648 persone uccise tra l’inizio della rivolta antigovernativa il 15 marzo del 2011 e il 30 novembre del 2012. Ogni vittima è stata identificata con nome e cognome e con la data e il luogo della morte. Visto che i combattimenti continuano, ha fatto sapere l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Navi Pillay, “possiamo assumere che oltre 60mila persone sono state uccise entro l’inizio del 2013”. Gli attivisti dell’opposizione siriana avevano stimato che circa 45mila persone avessero perso la vita dall’inizio della crisi.

La maggior parte delle oltre 60mila morti registrate finora nel corso della guerra civile siriana sono avvenute a Homs, seguite dalle zone rurali intorno a Damasco, a Idlib, Aleppo, Daraa e Hama. Almeno tre quarti delle vittime inoltre, secondo l’analisi delle Nazioni unite, sarebbero maschi. “Il fallimento della comunità internazionale, in particolare il Consiglio di sicurezza dell’Onu, nell’adottare misure concrete per fermare lo spargimento di sangue getta vergogna su tutti noi”, ha detto Navi Pillay, alto rappresentante Onu per i diritti umani. “Tutti quanti non abbiamo fatto altro che giocherellare mentre la Siria brucia”, ha aggiunto. Pillay ha affermato inoltre che altre migliaia di persone moriranno o saranno gravemente ferite se il conflitto andrà avanti e che i responsabili delle uccisioni, che in alcuni casi equivalgono a crimini di guerra, dovranno rispondere delle loro azioni.

“Ai nostri fallimenti sul disastro in corso non dobbiamo aggiungere l’incapacità di prepararci all’inevitabile e pericolosa instabilità che si verificherà al termine del conflitto”, ha inoltre ammonito. “È necessario avviare immediatamente dei piani seri per dopo la guerra, non solo per fornire aiuti umanitari a chi ne avrà bisogno, ma per proteggere tutti i cittadini siriani dalle rappresaglie extragiudiziarie e dagli atti di vendetta” come quelli visti in Afghanistan, Iraq, Somalia e Congo, ha concluso Pillay.

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