Beirut (Libano), 4 giu. (LaPresse/AP) – “Ci sono motivi ragionevoli per credere che sostanze chimiche siano state usate come armi” in almeno quattro attacchi nel corso della guerra civile in Siria, ma “in base alle prove disponibili non è stato possibile stabilire precisamente quali agenti siano stati utilizzati, in che modo e da chi”. È quanto si apprende da un rapporto della commissione d’inchiesta delle Nazioni unite sulle violazioni nel conflitto in Siria, preparato per il Consiglio per i diritti umani dell’Onu. Secondo gli autori del documento, i risultati conclusivi potranno essere raggiunti soltanto dopo che saranno testati campioni prelevati direttamente dalle vittime o dal luogo del presunto attacco. La commissione ha fatto appello a Damasco affinché permetta a un team di esperti di entrare nel Paese. Ci sono accuse, si legge nel rapporto, secondo cui sarebbero state le forze governative ad aver usato le armi chimiche, ma non è escluso che lo abbiano fatto anche i ribelli. “È possibile – affermano gli autori del dossier – che gruppi armati antigovernativi possano avere accesso e usare armi chimiche, anche se mancano prove convincenti”.

Nel rapporto, che copre il periodo tra metà gennaio e metà maggio, entrambe le parti del conflitto vengono accusate di aver commesso crimini di guerra. L’esercito e le milizie pro-governative sarebbero colpevoli di torture, stupri, sfollamenti e sparizioni forzate. I ribelli, invece, sono accusati di avere giustiziato sostenitori del presidente Bashar Assad senza un processo, e sarebbero responsabili di torture, rapimenti e saccheggi. Le violazioni e gli abusi commessi dai combattenti dell’opposizione, si legge nel rapporto, “non raggiungono tuttavia l’intensità e la scala di quelle commesse dalle forze governative e dalle milizie affiliate”. Secondo gli investigatori dell’Onu, “un pericoloso stato di frammentazione e disintegrazione dell’autorità prevale nelle aree controllate dai gruppi armati antigovernativi, nonostante i tentativi di riempire il vuoto lasciato dopo il ritiro dello Stato con la creazione di consigli locali”.

In un evidente riferimento ai Paesi europei che valutano se fornire armi ai ribelli, gli autori del documento hanno avvertito che la mossa rafforzerebbe il rischio di violazioni, comportando un aumento del numero di vittime civili. “Crimini di guerra e crimini contro l’umanità – si legge nel rapporto – sono diventati una realtà quotidiana in Siria e gli strazianti racconti delle vittime hanno bruciato la nostra coscienza. Una maggiore disponibilità di armi ha un costo umano”. Il segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon, aveva nominato un team di esperti per indagare sul presunto uso di armi chimiche in Siria dopo che il governo aveva chiesto all’Onu di verificare le notizie di un presunto attacco da parte di ribelli avvenuto il 19 marzo scorso nel villaggio di Khan al-Assal, vicino ad Aleppo. Il regime non ha tuttavia permesso agli investigatori di entrare nel Paese e insiste che l’indagine sia limitata a quel singolo incidente, in cui sarebbero stati uccisi diversi soldati. Secondo le forze dell’opposizione, dietro l’attacco ci sarebbero le forze del regime.

Se sarà confermato, l’uso di armi chimiche potrebbe inasprire la risposta della comunità internazionale alla guerra civile in Siria, in cui secondo l’Onu hanno perso la vita più di 70mila persone. Il presidente Usa Barack Obama aveva detto che l’uso di armi chimiche sarebbe stata “una linea rossa”, ma Washington ha più volte sottolinetao che ci vogliono prove solide per confermare che questo tipo di armi sia stato effettivamente utilizzato in Siria.

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