Dall’inviata Claudia Luise

Las Vegas (Nevada, Usa), 27 mar. (LaPresse) – Un tunnel scavato a una profondita di 200 metri, lungo 4 chilometri. E’ l’opera realizzata a Lake Mead, uno dei più grandi bacini artificiali del mondo, vicino a Las Vegas, in Nevada. Lo scopo è sconfiggere la siccità attraverso un sistema avvenieristico di approvvigionamento idrico sicuro e di lungo periodo per una vasta area dello stato americano progettato dal gruppo italiano Salini Impregilo. Il lago artificiale, formato dalla famosa diga Hoover e fonte primaria di rifornimento per la comunità di oltre due milioni di persone che gravita attorno alla capitale dei casinò e del gioco, è stato bucato nella sponda fino a una profondità di 200 metri. Lo scavo del tunnel è stato completato nel dicembre del 2014, il progetto di fatto sarà operativo ad agosto e verrà definitivamente consegnato a novembre 2015. Notevole l’impegno finanziario per la costruzione: l’opera, infatti, dal costo iniziale di 447 milioni, ha raggiunto la cifra di 507 milioni.

LAS VEGAS A RISCHIO SICCITA’. Il progetto è stato concepito per ridare vita a un serbatoio che negli ultimi anni ha perso fino al 41% della sua capacità di dissetare la popolazione di Las Vegas e di alimentare le migliaia di fontane che attirano turisti e scommettitori. La città applica una serie di misure di salvaguardia delle risorse idriche, orientate anche a modificare le abitudini della popolazione, come la concessione di incentivi a chi sostituisce i giardini di casa con cactus e pietre, che non sembrano tuttavia aver contribuito in maniera soddisfacente alla conservazione delle risorse idriche nel lungo periodo. Il livello dell’acqua di Lake Mead è sceso infatti di circa 44 metri negli ultimi 15 anni e le prospettive erano davvero critiche: con un’ulteriore discesa di 9 metri, il tubo (il cosiddetto Intake 1) dal quale traggono l’acqua la popolazione di Las Vegas e le imprese con sede nella zona, sarebbe diventato inutilizzabile. Con una caduta di altri 24,4 metri, anche il livello di aspirazione successivo (Intake 2) sarebbe stato messo fuori gioco, sancendo una sorta di siccità permanente in un’area strappata al deserto.

UN PROGETTO COMPLESSO. Per la complessità del progetto e delle condizioni idrogeologiche, solo due aziende hanno partecipato alla gara, per realizzare un altro tunnel, il cosiddetto Intake 3. L’opera è costituita da un pozzo d’accesso, scavato nella roccia sulla sponda del lago, con diametro interno di 9,15 m e una profondità di 185 metri. L’equivalente di due grattacieli di 30 piani messi uno sopra all’altro. Dal fondo del pozzo, è stata eseguita una galleria sotto il letto del lago lunga circa 4,6 km e con un diametro di scavo di circa 7 metri. Alla fine della galleria è stata posta l’opera di presa, posizionata circa 100 metri al di sotto della superficie del lago, e costituita da una struttura di calcestruzzo armato sormontata da un tubolare in acciaio con un diametro di 6 m, dal peso di circa 1.200 ton e altezza di 30 m. Praticamente un altro grattacielo di 10 piani scavato al centro di un lago.

L’acqua, aspirata dal fondo del lago tramite le aperture dell’opera di presa, verrà convogliata lungo la galleria fino al pozzo d’accesso, da dove verrà pompata all’impianto di potabilizzazione in superficie.

Tra le difficoltà principali, in condizioni geologiche estreme, sotto il Lake Mead, i lavori di scavo ad una pressione di esercizio fino a 15 bar, quasi il doppio del precedente record mondiale di scavo raggiunto con fatica a 8 bar. E’ stata l’unica opera mineraria al mondo fatta sotto questa pressione.

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